L’agevolazione rivive anche per il 2019, grazie alla previsione di retroattività stabilita dalla legge di bilancio 2020

Di Gianluca ODETTO

Con la pubblicazione della L. 160/2019 è stata ufficializzata la “reviviscenza” dell’ACE, in sostituzione della c.d. “mini IRES” (la quale non ha, quindi, mai trovato concreta applicazione): è quindi possibile porre alcune prime considerazioni di massima sull’agevolazione, così come ridisegnata dalla legge stessa.

Dal punto di vista tecnico, la norma di riferimento è l’art. 1 comma 287 lettera a) della L. 160/2019; essa ha provveduto ad abrogare l’art. 1 comma 1080 della L. 145/2018, con il quale:
– erano state soppresse, con riferimento all’agevolazione, sia le norme generali che ne regolano il funzionamento (art. 1 del DL 201/2011), sia quelle specifiche contenute nell’art. 1 commi 549-553 della L. 232/2016 (ad esempio, la quantificazione della “componente statica” di calcolo del beneficio per i soggetti IRPEF, pari alla differenza tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre 2010);
– rimaneva, però, salvo il diritto – previsto dall’art. 3 comma 2 del DM 3 agosto 2017 – di riportare agli esercizi successivi le eccedenze maturate al termine del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018.

Questa “abrogazione dell’abrogazione” ha effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018. Conseguenza di ciò, come ha evidenziato la Relazione al Ddl. di bilancio 2020, è quella per cui il beneficio dell’ACE “opera in regime di continuità temporale”: per i soggetti con esercizio sociale coincidente con l’anno solare, in altre parole, l’ACE viene ripristinata già dal 2019, non prevedendosi quindi alcuna interruzione da un anno all’altro nella relativa fruizione.

Le regole dell’agevolazione (soggetti ammessi al beneficio, sistema di calcolo, utilizzo a riduzione del reddito, riporto delle eccedenze ecc.) sono, quindi, quelle da tempo sperimentate, con una significativa eccezione: l’art. 1 comma 287 della L. 160/2019 prevede infatti alla lettera b), con una norma a regime, che il coefficiente di remunerazione venga ulteriormente ridotto all’1,3%, depotenziando ulteriormente i benefici.

Posto che, come da consolidate regole, il coefficiente si applica su tutto l’incremento netto del capitale proprio, e non solo sulla parte registrata nell’anno di riferimento, l’ammontare del reddito detassato è pari a 13.000 euro per ogni milione di incremento netto, fatto che presumibilmente limiterà il beneficio a quei casi in cui le politiche di autofinanziamento dell’impresa sono state negli anni consistenti e sistematiche.

In estrema sintesi, per determinare gli effetti dell’agevolazione per il 2019 per le società di capitali occorrerà valutare, nell’arco temporale che va dal 2011 al 2019 medesimo, la somma algebrica di conferimenti e versamenti dei soci, rinunce ai crediti operate da parte dei soci stessi e accantonamenti di utili a riserva (con segno più) e di riduzioni per distribuzione di riserve ai soci, per investimenti in titoli e valori mobiliari diversi dalle partecipazioni e per l’effetto delle clausole antielusive contenute nell’art. 10 del DM 3 agosto 2017 (con segno meno), ed applicare a questa somma algebrica il coefficiente dell’1,3%.

Per le società di persone e gli imprenditori individuali in contabilità ordinaria (l’agevolazione resta preclusa ai soggetti in contabilità semplificata o in regime forfetario), invece, la base ACE risulta dalla somma algebrica di due “blocchi” distinti:
– da una parte, la c.d. componente statica, rappresentata dalla differenza tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre 2010, entrambi assunti al lordo dei rispettivi utili d’esercizio;
– dall’altra parte, la c.d. componente dinamica, calcolata con le regole delle società di capitali (quindi, quale differenza tra incrementi per conferimenti dei soci e accantonamenti di utili a riserva e decrementi per distribuzioni ai soci), nell’arco temporale che va dal 2016 al 2019.

Per i soggetti IRPEF, peraltro, gli utili di esercizio sono computati per maturazione, e non all’atto dell’accantonamento come invece accade per le società di capitali, per cui l’utile del 2019 va già computato nella base ACE per il 2019.

Per tutti i soggetti d’imposta, nella base di calcolo dell’agevolazione per il 2019 non rileva l’eventuale saldo attivo costituito a fronte della rivalutazione dei beni d’impresa operata al 31 dicembre 2019 grazie alla riapertura stabilita dall’art. 1 commi 696 ss. della stessa L. 160/2019, avendo il saldo natura di riserva indisponibile ai fini dell’ACE. Un possibile effetto della rivalutazione è solo previsto ex post: l’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 21 del 3 giugno 2015 (§ 3.13), ha infatti chiarito che l’indisponibilità viene meno a seguito del realizzo dei beni rivalutati; per il 2019 questo effetto potrebbe però realizzarsi se ad essere ceduti sono beni rivalutati in ossequio a precedenti leggi di rivalutazione, sempre che la relativa riserva sia stata costituita dopo il 2010.