Il divieto ex art. 1 del DL 124/2019 è applicabile nel caso di cessioni, conferimenti e affitti d’azienda

Di Enrico ZANETTI

L’art. 1 del DL 124/2019 ha formalizzato in legge il divieto di pagamento, mediante compensazione con crediti dell’accollante, del “debito d’imposta altrui” che un terzo si accolla.

Tale divieto rappresenta, nella sostanza, la “formalizzazione” in legge della prassi fatta propria dall’Agenzia delle Entrate con la ris. n. 140/2017, ma, poiché la norma non si presenta alla stregua di norma di interpretazione autentica, il riconoscimento della sua natura “novativa” dovrebbe inevitabilmente implicare che, contrariamente a quanto affermato dall’Agenzia, detto divieto non sussisteva fino all’entrata in vigore del DL 124/2019. Così per lo meno funziona nei diversi casi in cui le norme “non specificate come interpretative” vanno in una direzione favorevole, invece che penalizzante, per il contribuente.

Ciò premesso, è opportuno interrogarsi se e in che misura il divieto di compensazione impatta sui debiti d’imposta dei soggetti danti causa di operazioni straordinarie di cessione, conferimento o affitto d’azienda e di fusione o scissione che, per effetto di dette operazioni, vengono presi in carico dai soggetti aventi causa.

Prima di queste novità interpretative e ora normative, era pacifica la possibilità, per il cessionario, conferitario o affittuario d’azienda e per la società incorporante, risultante o beneficiaria, di utilizzare propri crediti per compensare, nel rispetto di limiti e condizioni stabiliti dall’ultimo periodo dell’art. 17 comma 1 del DLgs 241/97 e dall’art. 10 comma 1 lett. a) n. 7 del DL 78/2009, i debiti d’imposta sorti ante operazione in capo al cedente, conferente o concedente l’azienda e alla società incorporata, fusa o beneficiaria che “passavano” dall’uno all’altro in dipendenza dell’operazione straordinaria.

Tale principio aveva peraltro trovato espressa conferma da parte dell’Agenzia con riguardo al caso di operazioni di cessione d’azienda, laddove la ris. n. 268/2007 aveva affermato che “per quanto concerne il quesito riguardante la possibilità di avvalersi dell’istituto della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per adempiere all’obbligo di pagamento dei debiti Iva, Inps, Inail del cedente (indicati nell’atto di cessione) attraverso il credito Iva della società cessionaria, la scrivente è dell’opinione che la cessionaria possa avvalersi della compensazione di cui sopra alle condizioni e nei limiti previsti dalla norma”.

Con l’introduzione del divieto di pagare mediante compensazione con propri crediti i debiti di imposta altrui che il titolare del credito si è accollato, di cui all’art. 1 del DL 124/2019, pare tuttavia necessario distinguere le operazioni straordinarie che hanno per oggetto la soggettività stessa delle imprese (fusioni e scissioni) da quelle che hanno direttamente per oggetto il patrimonio aziendale (cessioni, conferimenti e affitti).

Nel caso delle operazioni di fusione e di scissione, pare pacifico che, non potendosi nemmeno parlare di accollo dei debiti, bensì di mantenimento dei medesimi in capo al soggetto dante causa che si “evolve e modifica” mediante l’operazione di fusione o di scissione (tale è infatti la natura di queste operazioni, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte), il divieto di pagamento mediante compensazione dei debiti accollati risulti totalmente irrilevante.

Nel caso invece delle operazioni di cessione, conferimento o affitto d’azienda sembra corretto ritenere che il sopravvenuto divieto di cui all’art. 1 del DL 124/2019 precluda la possibilità per il soggetto avente causa di compensare con propri crediti i debiti tributari del soggetto dante causa accollati, ancorché detto accollo avvenga nell’ambito del più ampio accordo giuridico avente per oggetto il trasferimento dell’azienda. Unica eccezione potrebbe essere rappresentata dal debito IVA del dante causa, in ragione della diretta afferenza dell’IVA al complesso aziendale oggetto di trasferimento, piuttosto che alla soggettività tributaria del dante causa.

Pare dunque corretto ritenere che:
– nel caso di fusioni o scissioni, il divieto di cui all’art. 1 del DL 124/2019 non possa operare e dunque la società incorporante o risultante dalla fusione e beneficiaria della scissione possa utilizzare il proprio credito IVA (così come altri crediti tributari) per compensare, nel rispetto delle condizioni di cui agli artt. 17 del DLgs. 241/97 e 10 comma 1 lett. a) n. 7 del DL 78/2009, tutti i debiti tributari sorti ante fusione o scissione in capo alla società incorporata, fusa o scissa e confluiti nel patrimonio della società incorporante, risultante o beneficiaria;

– nel caso di cessioni, conferimenti e affitti d’azienda, il divieto ex art. 1 del DL 124/2019 sia destinato a operare con riguardo alla generalità dei debiti tributari sorti ante operazione in campo al cedente, conferente o concedente e trasferiti unitamente all’azienda al cessionario, conferitario o affittuario, fatta eccezione solo per il debito IVA, purché naturalmente sussistano le condizioni per le quali il cessionario, conferitario o affittuario sarebbe subentrato anche nel credito IVA del cedente, conferente o concedente, laddove in luogo di un debito IVA vi fosse stato appunto un credito IVA.