Secondo la Cassazione non è configurabile un reato complesso ex art. 84 c.p.

Di Erisa PIRGU

La condotta tipica di esercizio abusivo di attività finanziaria, ex art. 132 del DLgs. 385/1993, non integra un elemento costitutivo del reato di usura, che non presuppone esclusivamente l’erogazione di un finanziamento in violazione delle regole dell’attività creditizia. Non si configura, dunque, un reato complesso ma trova applicazione la disciplina generale sul concorso di reati.
Questo è il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 43916/2019.

Affinché sia integrata la figura prevista dall’art. 132 del DLgs. 385/1993, occorre che l’agente ponga in essere la condotta indicata dall’art. 106 comma 1 del medesimo decreto (la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma) inserendosi abusivamente nel libero mercato.
La norma tutela, dunque, l’ordinato svolgersi dell’economia e della raccolta del risparmio (art. 47 Cost.), punendo chi si sottrae ai controlli di affidabilità e stabilità previsti per il settore.

La giurisprudenza di legittimità si è espressa sul punto anche in relazione a vicende concrete riguardanti erogazioni di prestiti usurari, ma ha chiarito come, ai fini dell’art. 132 del decreto sopra citato, queste rappresentino una circostanza fattuale di per sé ininfluente.
Affinché sia configurabile il reato in esame, invece, assume rilievo la condotta di chi pone in essere una delle attività di cui all’art. 106 avvalendosi di un apparato organizzativo (anche rudimentale) ed esercita tali attività nei confronti di un numero potenzialmente illimitato di persone, anche quando la condotta è in concreto rivolta ad una ristretta cerchia di soggetti (cfr. Cass. n. 10795/2016).

Si è poi precisato che il rinvio operato dalla norma incriminatrice all’art. 106 del decreto non esaurisce la descrizione del fatto tipico poiché la stessa disposizione rinvia ad un decreto ministeriale per l’individuazione delle attività finanziarie riservate agli operatori iscritti all’albo tenuto dalla Banca d’Italia (DM 2 aprile 2015): si tratterebbe dunque di una norma penale in bianco, che necessita di un’eterointegrazione della normativa secondaria.

Nella sentenza in commento, la Suprema Corte si sofferma sui rapporti tra esercizio abusivo di attività finanziaria e usura interrogandosi, in particolare, sulla configurabilità di quest’ultima fattispecie quale reato complesso “comprensivo” della prima.
Secondo la definizione di cui all’art. 84 c.p., il reato è complesso quando “la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato”. La figura ricorre, dunque, quando nella struttura di un reato siano presenti altri reati (c.d. reato complesso speciale) e quando la legge consideri autonome fattispecie incriminatrici come elementi circostanziali di un altro reato (c.d. reato complesso aggravato).

L’istituto è contemplato in chiave di deroga alle regole sul concorso di reati poiché, in presenza di più reati “unificati” in una sola figura complessa, rileverà solo quest’ultima e non i singoli reati che la compongono.
Nel caso di specie all’imputato erano stati contestati entrambi i reati. Secondo la prospettiva della difesa, tuttavia, questi avrebbe dovuto rispondere unicamente del delitto di usura, trattandosi per l’appunto di un reato complesso. In tale ottica, il delitto di cui all’art. 644 c.p. comprenderebbe al suo interno la condotta di esercizio abusivo dell’attività creditizia con l’elemento specializzante del tasso superiore a quello consentito.
La Corte ha sconfessato tale ricostruzione.

Anzitutto, si accenna alla diversità dei beni giuridici protetti dalle rispettive norme: la prima, infatti, tutela il corretto svolgimento delle attività di finanziamento e risparmio mentre la repressione dell’usura mira a “preservare il patrimonio e la libertà morale di coloro che siano indotti a contrarre obbligazioni a condizioni palesemente inique”.
Soprattutto, però, viene ritenuto dirimente il confronto strutturale tra le due fattispecie.

Affinché operi il reato complesso, come anticipato, occorre che tra le due figure sussista uno specifico rapporto di compenetrazione, dovendo essere il secondo reato elemento costitutivo o circostanza aggravante del secondo. Ebbene, tale relazione non sarebbe riscontrabile tra i due delitti.
Infatti, affinché si configuri la promessa o dazione richiesta ai fini dell’art. 644 c.p. non è affatto necessario che il corrispettivo sia costituito soltanto dall’erogazione di un finanziamento in violazione delle norme sull’attività creditizia.

Il delitto ex art. 644 c.p. invece “si realizza anche attraverso la prestazione di utilità diverse dal denaro e con la corresponsione di vantaggi usurari diversi dal pagamento degli interessi su somme concesse in prestito”.
Pertanto, in conclusione, deve escludersi che l’usura costituisca un reato complesso e assorba il delitto di esercizio abusivo dell’attività finanziaria, poiché la condotta tipica di quest’ultima fattispecie non è elemento costitutivo (o circostanza) del delitto di cui all’art. 644 c.p.