Meno costi, più fatturato, diversificazione dei servizi e migliore qualità della vita. Il CNDCEC prova a dare la ricetta
Aggregarsi conviene, non solo in termini reddituali ma anche perché “è l’unico modo per rispondere alle esigenze di un mercato sempre più complesso”. Il Consiglio nazionale dei commercialisti lo ripete da tempo e lo ha ribadito anche ieri, nel corso di un convegno dedicato proprio all’aggregazione.
L’evento, tenutosi nella sede del CNDCEC ma trasmesso in diretta streaming presso oltre 100 Ordini collegati, è servito per rimarcare, attraverso i numeri e non solo, i vantaggi dell’aggregazione e per mostrare come si può avviare un simile percorso, magari sfruttando la digitalizzazione dello studio.
La Fondazione nazionale di categoria ha recentemente fotografato una professione in cui oltre il 61% degli studi è individuale, il 20,1% associato, il 13,9% condiviso e solo il 2,2% formato da STP, forma giuridica, quest’ultima, che stenta a decollare anche per le incertezze normative legate al tipo di fiscalità (i commercialisti hanno chiesto da tempo l’approvazione di una norma che renda quantomeno opzionale la tassazione per cassa, senza però riuscire ad ottenerla).
Oltre un terzo degli studi non ha alcun dipendente o collaboratore, il 71,6% ha tra uno e cinque addetti e solo l’11,2% degli studi supera i dieci. Insomma, la professione rimane fortemente individualista, tendenza peraltro condivisa con tutte le categorie professionali, che fanno registrare un 75,9% di soggetti che svolge la propria attività singolarmente.
Eppure, almeno in termini reddituali, i vantaggi dell’aggregazione sono chiari. A fronte di un reddito medio che sfiora i 60 mila euro annui per chi ha uno studio individuale (ma la mediana è molto più bassa, attestandosi a 30 mila euro), i professionisti “aggregati” dichiarano circa 125 mila euro di reddito medio annuo. Bisogna, dunque, lavorare in questa direzione, anche per fare sì, ha sottolineato il Presidente del CNDCEC, Massimo Miani, che “la professione ritrovi appeal”.
Per farlo, però, “abbiamo bisogno del supporto della politica, che sembra essere sorda alle nostre istanze, e di essere più uniti al nostro interno, perché farsi la guerra non serve a nessuno”. Una professione con più attrattiva significherebbe anche “arrestare il processo di invecchiamento che sta subendo la categoria”. Se non nel 2019, “probabilmente nel 2020”, il saldo tra nuovi iscritti e pensionati potrebbe diventare negativo e questo potrebbe creare dei problemi anche dal punto di vista previdenziale.
L’aggregazione, ha aggiunto Maurizio Grosso, Consigliere nazionale delegato alla materia, non porta vantaggi solo in termini reddituali, ma un miglioramento della qualità della vita. “Pensiamo al caso in cui il professionista ha un problema più o meno grave famigliare o di personale. In uno studio strutturato, sostituire il lavoro di una persona è facilissimo. Per abbandonare l’individualismo serve un percorso prima di tutto culturale”.
Ma è un percorso necessario se si vuole riuscire a stare sul mercato. La crescita dimensionale degli studi significa, infatti, anche ampliare i servizi offerti alla clientela, in modo tale da slegare almeno una parte dei propri introiti da servizi che, nel giro di pochi anni, potrebbero essere sostituiti dall’automazione. Ad oggi, oltre il 30% dei commercialisti dichiara che il suo fatturato dipende tra l’80 e il 100% dalla consulenza fiscale di base e il 56,6% si attesta tra il 20 e l’80%.
Secondo la FNC , il rischio che questo tipo di attività venga completamente sostituito dall’automazione è pari al 99%. Sempre più soggetti, ha spiegato Claudio Rorato del Politecnico di Milano, si affacciano su questo segmento di attività. Su 405 startup con servizi per professionisti, il 35% propongono servizi di disintermediazione, ambito a poco valore aggiunto per il commercialista, su cui la competizione si gioca soprattutto sul prezzo.
Ma l’aggregazione, per funzionare, ha spiegato Nicola Lucido della FNC, non deve essere una mera condivisione di spazi e costi. Questo può essere il primo passaggio di un processo alla cui base deve esserci una pianificazione strategica, “un vero e proprio business plan, perché gli studi sono un’impresa”.
E il processo va portato avanti sfruttando i vantaggi offerti dalla digitalizzazione che, secondo Umberto Zanini, membro del gruppo di lavoro del CNDCEC dedicato al tema, permette diversi livelli di aggregazione: dalla partecipazione dello studio alle piattaforme di professional networking, alla cooperazione su attività comuni, fino alla fase della condivisione di conoscenze, know how, dati e informazioni, propedeutica alla vera e propria creazione dello studio aggregato.
A proposito di digitalizzazione, Il CNDCEC ha ricevuto a Bruxelles il primo premio nell’ambito del Digital Day 2019 “What Does Innovation Cost?” per aver realizzato il portale “HUB B2B” per la fatturazione elettronica, giudicata la migliore iniziativa di digitalizzazione tra i membri di Accountancy Europe. Ad oggi, il portale, che permette di inviare fatture a costi calmierati, è utilizzato da oltre 9 mila commercialisti e più di 61 mila imprese clienti.