Si espande l’orientamento che limita l’ambito di applicazione della nuova disciplina
Il diritto alla detrazione dell’IVA addebitata in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente/prestatore, con applicazione della sanzione fissa ex art. 6 comma 6 del DLgs. 471/97 (L. 205/2017) e il riconoscimento legislativo della portata “retroattiva” della previsione normativa (per fattispecie anteriori il 1° gennaio 2018, data di entrata in vigore della L. 205/2017), tanto per la sanzione fissa, quanto per l’esercizio della detrazione (DL 34/2019), fuori dai casi di frode, ha segnato un punto di svolta nell’inquadramento del fenomeno della rivalsa e della detrazione IVA nel caso di erroneo addebito del tributo.
La novità legislativa del 2017, tuttavia, è apparsa sin da subito foriera di problemi interpretativi, alcuni poi tramontati, tra i quali, ad esempio, quello relativo alla portata temporale della modifica normativa, altri, invece, rimasti ancora aperti, come il significato da attribuire all’espressione “IVA erroneamente assolta” dal cedente.
Un altro quesito irrisolto, sollevato sul piano interpretativo, riguarda il campo di applicazione della nuova disciplina, non essendo agevole la comprensione della formula impiegata dal legislatore “applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva”.
La norma riguarda, senza troppe difficoltà, le operazioni imponibili nelle quali il cedente, per errore (di calcolo o sull’aliquota applicabile), abbia addebitato un’IVA maggiore di quella dovuta.
Relativamente all’imposta erroneamente applicata a operazioni “non imponibili” o “esenti”, invece, a fronte di una interpretazione che ammette l’applicazione della disciplina anche in tali ipotesi, in quanto rilevanti ai fini IVA (circ. Guardia di Finanza 13 aprile 2018 n. 114153 e circ. Assonime 31 maggio 2018 n. 12), la recente giurisprudenza di merito sembra propendere per una interpretazione restrittiva che esclude – almeno per le operazioni esenti ex art. 10 del DPR 633/72 – il riconoscimento della detrazione con sanzione in misura fissa ex art. 6 comma 6 del DLgs. 471/97 (C.T. II grado Trento 28 febbraio 2019 n. 20/1/19 e C.T. Prov. Milano 3 dicembre 2018 n. 5497/10/18).
Nella medesima direzione, nel senso di escludere l’applicazione della nuova disciplina, si pone anche la recente giurisprudenza di merito per l’imposta erroneamente applicata a operazioni escluse o “fuori campo”, che resta indetraibile.
La C.T. Reg. Lombardia, con sentenza 13 settembre 2019 n. 3483/21/19, in particolare, ha affrontato – a quanto consta, per la prima volta dopo la novità legislativa del 2017 – il tema dell’applicazione della detrazione dell’IVA addebitata in eccesso alle operazioni “fuori campo IVA”, escludendo l’applicazione della nuova disciplina.
Nel caso di specie, il problema riguardava la corretta qualificazione delle somme erogate dalla società in favore dei gestori delle stazioni di servizio aderenti alle “operazioni a premio”, nell’ambito delle campagne pubblicitarie; problema, quest’ultimo, in grado di incidere sul regime della (in)detraibilità dell’IVA addebitata in via di rivalsa. Il trattamento, infatti, è destinato a mutare a seconda che si versi tra le mere cessioni di denaro (non soggette al regime IVA) volte a premiare indirettamente i distributori per lo svolgimento del proprio lavoro (art. 2 del DPR 633/72), ovvero tra i corrispettivi (imponibili ai fini IVA) contrattualmente pattuiti a fronte di servizi complessivamente prestati.
Secondo l’interpretazione fornita dai giudici, trattandosi, nel caso di specie, di operazioni “fuori campo IVA” e non, invece, come ritenuto dalla ricorrente, di “applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore”, il nuovo regime sanzionatorio più favorevole “non può essere invocato neppure sotto il profilo del principio del favor rei”.
Si rammenta che la tesi contraria, che propende per l’inclusione delle operazioni considerate “fuori campo” nel novero delle ipotesi alle quali si applica l’art. 6 comma 6 del DLgs. 471/97, viene, invece, proposta nella circ. Assonime n. 12/2018 (nella circ. Guardia di Finanza n. 114153/2018, invece, non vengono menzionate le operazioni escluse, ma solo quelle non imponibili o esenti).
In tal senso si colloca anche la dottrina, che, essenzialmente, fa valere l’assenza di qualsivoglia reale differenza sul piano sostanziale fra il caso dell’indebita detrazione per via di un’aliquota errata e quello dell’indebita detrazione perché l’operazione è stata ritenuta fuori campo. In tal senso, la tesi appare condivisibile.
Nonostante i ripetuti interventi legislativi, quindi, permangono i dubbi interpretativi sul campo di applicazione della norma e sul significato da attribuire all’espressione IVA “erroneamente assolta” dal cedente/prestatore, quale condizione richiesta ex lege per espletare il diritto di detrazione dell’IVA erroneamente addebitata.