Secondo la Cassazione si tratta di oneri inerenti all’esercizio dell’impresa

Di Silvia LATORRACA

Con la sentenza n. 28355 depositata ieri, 5 novembre 2019, la Cassazione ha stabilito che i costi sostenuti da una banca, a titolo di transazione con i propri clienti, per prevenire l’instaurazione di controversie attinenti alla pretesa responsabilità precontrattuale o contrattuale dell’istituto di credito nell’espletamento dei servizi finanziari sono inerenti all’esercizio dell’impresa e, quindi, deducibili ai sensi dell’art. 109 comma 5 del TUIR.

Nel caso di specie, un istituto bancario (soggetto IAS) aveva fatto sottoscrivere ai propri clienti contratti di investimento (obbligazioni Argentina e obbligazioni Cirio) e successivamente, a fronte di contestazioni sull’attività svolta, aveva risolto in via preventiva le controversie tramite transazione.
Tale scelta era volta, secondo la contribuente, “al miglioramento della immagine commerciale dell’impresa o alla mera prevenzione dei costi e dei rischi insiti in un contenzioso”.

L’Agenzia delle Entrate aveva contestato (per il periodo d’imposta 2008) la deducibilità dei costi sostenuti dalla banca in relazione alla transazione, per difetto di inerenza.
Secondo l’ufficio, infatti, le richieste di risarcimento avanzate dalla clientela trovavano “innesto nell’illecito comportamento dell’istituto bancario che avrebbe omesso l’osservanza delle regole di condotta previste per i contratti di investimento proposti ai suddetti clienti”. La Banca non avrebbe, quindi, osservato, “in sede di stipulazione di contratti di investimento di obbligazioni”, i “principi generali di correttezza, diligenza e trasparenza”.

La Cassazione, dopo aver riepilogato i precedenti orientamenti in ordine all’indeducibilità delle sanzioni pecuniarie irrogate per punire comportamenti illeciti del contribuente (basati sul presupposto che l’illecito compiuto “spezzi” il nesso di inerenza, in quanto “la spesa non nasce più nell’impresa”, ma in un atto o fatto, quello antigiuridico, che per sua natura si pone al di là della sfera aziendale), ha ricordato come le somme erogate, a seguito di transazioni, a titolo di risarcimento del danno costituiscano costi deducibili per l’impresa che provvede al pagamento (Cass. n. 5976/2015).

Sotto altro profilo, in tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitone, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (c.d. “contratto quadro”), mentre è fonte di responsabilità contrattuale, ed, eventualmente, può condurre alla risoluzione del contratto, ove le violazioni riguardino le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del “contratto quadro”.

Va in ogni caso escluso, in assenza di una esplicita previsione normativa (c.d. “nullità virtuale”), che la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell’art. 1418 comma 1 c.c., la nullità del cosiddetto “contratto quadro” o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso.

Peraltro, ai sensi dell’art. 14 comma 4-bis della L. 537/93 (come sostituito dall’art. 8 comma 1 del DL 16/2012, conv. L. 44/2012), sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una “frode carosello”), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell’ipotesi in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità, oppure di costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo (Cass. n. 26461/2014).

La norma da ultimo citata si limita a negare la deduzione delle spese direttamente connesse a “fatti, atti o attività” costituenti delitto doloso, ma conserva per gli altri casi, non disciplinati dalla norma speciale, il regime di deducibilità o meno dei relativi costi previsto dalle ordinarie regole dettate dal TUIR (Cass. n. 8135/2011).

Ad avviso della Suprema Corte, posto che nel caso in esame non v’è stata alcuna contestazione della commissione di un delitto non colposo, in presenza di transazioni stipulate dalla banca con i clienti per prevenire l’instaurazione di un contenzioso fondato sulla dedotta violazione da parte dei funzionari degli obblighi informativi per la conclusione di contratti di investimento aventi ad oggetto obbligazioni, le spese sostenute dalla banca costituiscono risarcimento del danno e sono pienamente deducibili (a titolo di sopravvenienza passiva) dal soggetto che ha effettuato i pagamenti, trattandosi di spese attinenti al concreto svolgimento dell’attività di impresa, a titolo di responsabilità precontrattuale o contrattuale, e, dunque, inerenti ai sensi dell’art. 109 del TUIR.