Regole diverse per le imprese neocostituite, quelle in liquidazione, le start up e le PMI innovative, le cooperative e i consorzi

Di Antonio NICOTRA

Nell’esercizio della delega conferita dal comma 2 dell’art. 13 del DLgs. 14/2019 (CCII), il CNDCEC ha elaborato i sette indici della crisi d’impresa necessari al completamento del sistema dell’allerta, fornendo, altresì, i criteri per la rilevazione dei “fondati indizi” dai quali scaturisce l’obbligo segnaletico per gli organi di controllo ex art. 14 del CCII (l’ultima bozza degli indicatori, datata 19 ottobre, è disponibile sul sito del CNDCEC; si veda anche “Indicatori sulla crisi d’impresa fissati con un approccio ad albero” del 26 ottobre).
Indici specifici, inoltre, sono stati forniti, per alcune categorie di imprese. Per esse, l’applicazione degli indici avviene con regole diverse da quelle generali.

Per le imprese costituite da meno di due anni, l’unico indice che rileva è il patrimonio netto negativo. Si applicano, viceversa, le regole generali e gli indici di settore nel caso in cui l’impresa o la società neocostituita sia succeduta ad altra o sia subentrata ad altra nella conduzione o nella titolarità dell’azienda. È il caso, ad esempio, delle società beneficiarie di un complesso o di un ramo aziendale per effetto di una operazione di scissione, società incorporanti in una operazione di fusione o risultanti dalla fusione, società conferitarie di un complesso o di un ramo aziendale, imprese acquirenti un complesso o un ramo aziendale già esistente, imprese che conducono in affitto un complesso o un ramo aziendale già esistente.

Per le imprese in liquidazione, a condizione che esse abbiano cessato l’attività, l’indice rilevante della crisi è rappresentato dal rapporto tra il valore di realizzo dell’attivo liquidabile e il debito complessivo della società. Rilevano, comunque, la presenza di reiterati e significativi ritardi nei pagamenti o di un DSCR inferiore a 1. Non è invece di per sé indicativa la presenza di un patrimonio netto negativo che potrebbe derivare da un minore valore di libro degli asset rispetto a quanto realizzabile dalla loro liquidazione.

Per le start up innovative (DL 179/2012 conv. L. 221/2012) e le PMI innovative (DL 3/2015 conv. L. 33/2015) non possono applicarsi le regole generali e gli indici di settore, in ragione (con particolare riferimento alle start up innovative) dell’elevato tasso di insuccesso, connaturale al profilo di rischio, che caratterizza queste imprese. Secondo il CNDCEC, il legislatore, nell’ipotizzare l’applicabilità di una diversa disciplina, ha inteso privilegiare, rispetto alla mitigazione del rischio, lo sviluppo del sistema imprenditoriale.
Per tali imprese, rileva principalmente la capacità di ottenere risorse finanziarie da soci, obbligazionisti, banche, intermediari finanziari, che, unitamente alle sovvenzioni e ai contributi pubblici, consentano di proseguire nello studio e nello sviluppo dell’iniziativa imprenditoriale.

Secondo il CNDCEC, quindi, l’indice di crisi risiede, in presenza di debito attuale o derivante dagli impegni assunti, nella capacità di ottenere le risorse finanziarie per la prosecuzione dell’attività di studio e di sviluppo (laddove un momento di criticità è costituito dalla sua sospensione per almeno 12 mesi). Per la misurazione dell’indice si ricorre al DSCR, tenendo conto del fabbisogno finanziario minimo per la prosecuzione dell’attività e lo sviluppo del progetto. L’assenza di ricavi e i risultati economici negativi, di converso, non hanno rilevanza determinante al fine di individuare lo stato di crisi.
Il fatto che la natura innovativa dell’impresa dipenda dalla dichiarazione della parte comporta, comunque, la necessità di una valutazione della sussistenza dei requisiti da parte degli organi di controllo.

Per le cooperative, in relazione al prestito sociale, il calcolo dell’indice DSCR a 6 mesi tiene conto dei flussi attesi, per versamenti e rimborsi del prestito, secondo una non irragionevole stima basata sulle evidenze storiche delle relative movimentazioni non precedenti a tre anni. Inoltre, per le cooperative, in presenza di prestito sociale, l’indice di adeguatezza patrimoniale potrà essere modificato sulla base di quanto previsto al comma 3 dell’art. 13 del CCII per tenere conto della incidenza di richieste di rimborso dei prestiti sulla base delle evidenze storiche non precedenti a tre anni. Nel calcolo dell’“indice di liquidità” – sempre per le cooperative – la voce relativa al “passivo a breve termine”, in relazione al prestito sociale, deve tener conto delle precisazioni e delle valutazioni effettuate con riferimento al calcolo del DSCR e dell’indice di adeguatezza patrimoniale.

Per le cooperative agricole di conferimento e quelle edilizie di abitazione, per i consorzi e le società consortili, inclusi i consorzi cooperativi, l’indice di adeguatezza patrimoniale può essere modificato (al comma 3 dell’art. 13 del CCII), tenendo conto dei debiti vs soci riferiti allo scambio mutualistico.