Rilevanti sia la composizione ristretta che la posizione sovraordinata del sindaco

Di Maurizio MEOLI

L’indipendenza del sindaco, nel caso in cui altro professionista associato di studio svolga attività di consulenza in favore della medesima società, può venire meno a causa della ridotta struttura dello studio o della posizione sovraordinata del sindaco all’interno della struttura medesima e, quindi, nei suoi rapporti con il professionista che svolge l’attività di consulenza. In ogni caso, non è possibile pensare che l’indipendenza del sindaco possa dipendere dal solo fatto che il compenso ad esso spettante presenti una incidenza modesta sul fatturato complessivo dello studio.
Sono queste le principali indicazioni che si desumono dal decreto del 30 maggio scorso del Tribunale di Vicenza.

Il caso di specie, per quanto è possibile ricostruire dal provvedimento esaminato, riguarda i sindaci di una srl fallita tutti appartenenti ad un unico studio professionale che, tramite altro professionista, prestava, altresì, alla medesima società attività di consulenza. Il curatore fallimentare escludeva dallo stato passivo i crediti dei sindaci, reputandosi esistente una violazione dell’art. 2399 comma 1 lett. c) c.c. (ai sensi del quale, si ricorda, “non possono essere eletti alla carica di sindaco, e se eletti decadono dall’ufficio … coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza”).

Contro tale decisione si opponevano i componenti del collegio sindacale, deducendo, in particolare, come il compenso ad essi spettante avesse una incidenza modesta rispetto al fatturato complessivo dello studio.
Il Tribunale rigetta tale opposizione ricordando, in primo luogo, come la Suprema Corte (Cass. n. 9392/2015) abbia già chiarito che l’ipotesi residuale di cui all’art. 2399 comma 1 lett. c) c.c. vada intesa come sussistente anche quando riguardi un socio o associato del sindaco. Ciò che rileva è il rapporto associativo fra il sindaco ed il consulente; sicché occorre valutare i profili di compromissione patrimoniale verificando quale sia la quantità dei ricavi derivanti dalla collaborazione altrui destinata a rifluire nel patrimonio personale del sindaco in rapporto all’entità del compenso sindacale, tenendo presente la sua posizione nella compagine associativa. In applicazione di tale criterio, si è stabilito che l’indipendenza del controllore è messa in pericolo tutte le volte in cui egli si possa attendere dal rapporto di consulenza del suo associato un ritorno economico personale superiore a quello che gli deriva dalla retribuzione sindacale.

Peraltro, osserva il giudice vicentino, il caso contrario non depone necessariamente a favore della indipendenza del sindaco; ovvero, la prevalenza dei compensi del sindaco rispetto ai guadagni del consulente non è indice univoco di indipendenza. Potrebbero, infatti, costituire sintomi rivelatori della mancanza di indipendenza sia la ridotta struttura dello studio associato ove viene svolta l’attività professionale, con tutto ciò che ne consegue in relazione alla contiguità tra i professionisti che ne fanno parte, sia la posizione del sindaco professionista all’interno della struttura medesima e nei suoi rapporti con il professionista che svolge l’attività di consulenza.

Quanto al primo profilo si osserva come, nella specie, partners ed associati esercitassero la loro professione “esclusivamente nell’interesse dell’Associazione”, gli incarichi professionali si intendevano “conferiti all’Associazione” e i rapporti economici, ivi compresa la parcellazione, intercorrevano “tra i clienti e l’Associazione”. Ciò evidenzia il ruolo centrale ed assorbente della associazione stessa sui professionisti singoli; inevitabilmente, quindi, anche l’incarico di sindaco non può non risentire in concreto di questo forte “vincolo di colleganza”.

Quanto al secondo profilo, invece, il provvedimento in esame reputa rilevante la posizione sovraordinata intercorrente tra i due sindaci (partners dello studio) ed il consulente (associato junior). Rispetto a tale passaggio argomentativo, peraltro, sembrerebbe maggiormente rilevante l’ipotesi inversa, con il sindaco “subordinato” al consulente nel contesto dello studio.
Ad ogni modo, viene sottolineato come anche dalla norma di comportamento CNDCEC 1.4 emerga che il rischio di dipendenza finanziaria sia solo uno dei possibili “rischi” in grado di pregiudicare l’indipendenza dei sindaci, intesa come requisito essenziale che consente di svolgere la funzione di vigilanza secondo principi di obiettività e di integrità.

A fronte di tutto ciò, ammettere l’indipendenza del sindaco solo perché il compenso riconosciutogli presenta una incidenza modesta sul fatturato complessivo dello studio rischia di pregiudicare la portata di una norma fondamentale, diretta a salvaguardare l’effettività dell’attività di controllo del collegio sindacale. Norma che deve applicarsi considerando la fattispecie concreta (professionale ed umana) nella sua interezza e complessità, non limitata a parametri di natura meramente contabile.