Il cessionario o committente può regolarizzare in autonomia l’operazione emettendo autofattura

Di Andrea BONINO e Emanuele GRECO

A seguito dell’estensione del campo di applicazione del meccanismo del reverse charge avvenuto negli ultimi anni, diventa sempre più importante per il soggetto passivo cessionario o committente comprendere le modalità di regolarizzazione delle operazioni che sono state oggetto di un trattamento IVA errato da parte del cedente o prestatore.

Si ricorda che, infatti, gli errori interpretativi possono essere frequenti soprattutto per chi opera attivamente nel settore edile e gli stessi, commessi senza volontà alcuna di evadere l’imposta, seppur non pregiudichino il diritto alla detrazione dell’IVA per il cessionario o committente, possono però comportare il pagamento di sanzioni amministrative rilevanti per entrambe le parti coinvolte nell’operazione. Si pensi, ad esempio, alla definizione del corretto regime applicabile, tra gli altri, all’attività di ristrutturazione e manutenzione dei fabbricati, risultando spesso incerto quando debba essere applicato il meccanismo del reverse charge (art. 17 comma 6 lett. a-ter) del DPR 633/72).

Accade, quindi, spesso che il cedente o prestatore applichi per errore il meccanismo del reverse charge in assenza dei presupposti di legge, determinando la possibile irrogazione in capo al cessionario o committente della sanzione in misura fissa da 250 a 10.000 euro, in virtù della responsabilità solidale prevista dall’art. 6 comma 9-bis2 del DLgs. 471/97.
Al riguardo, si rileva che l’Agenzia delle Entrate non si è ancora espressamente pronunciata in merito al comportamento che il cessionario o committente deve tenere al fine di non incorrere nella predetta sanzione.

È possibile, però, osservare che la norma sanzionatoria in questione (art. 6 comma 9-bis2 del DLgs. 471/97) stabilisce che, se l’imposta è stata comunque assolta dal cessionario o committente (attraverso l’integrazione della fattura), rimane fermo per quest’ultimo il diritto alla detrazione dell’IVA.

Sul tema, si evidenza che, nella situazione in cui il cedente o prestatore non provveda a rettificare l’operazione attraverso l’emissione di una nota di variazione in aumento con l’esposizione dell’IVA secondo le modalità ordinarie, il cessionario o committente dovrebbe poter regolarizzare in autonomia l’operazione nei trenta giorni dalla data della fattura medesima. Nel caso di ricezione di una fattura irregolare, difatti, l’art. 6 comma 8 lett. b) del DLgs. 471/97 stabilisce che, entro il trentesimo giorno successivo, il cessionario o committente emette “un documento integrativo in duplice esemplare recante le indicazioni medesime, previo versamento della maggior imposta eventualmente dovuta”.

La procedura di regolarizzazione del cessionario o committente non dovrebbe allora richiedere l’integrazione della fattura ricevuta, essendo però necessario:
– annotare la fattura ricevuta sul registro IVA acquisti, con indicazione del solo imponibile;
– emettere autofattura, relativa all’acquisto effettuato, elaborata in formato elettronico e trasmetterla al Sistema di Interscambio (SdI) ai sensi dell’art. 1 comma 6 del DLgs. 127/2015, valorizzando nel campo “Tipo Documento” il codice “TD20” (relativo all’autofattura);
– annotare l’anzidetta autofattura sul registro degli acquisti, ai fini della detrazione della relativa imposta;
– versare in via autonoma l’imposta dovuta per la specifica operazione, mediante modello F24, riportando il codice tributo 9399.

Qualora la procedura descritta venga attivata decorsi 30 giorni dalla data di emissione della fattura irregolare, sarà necessario anche versare la sanzione pari a 250 euro, ferma la possibilità di ridurne l’importo da 1/9 a 1/5, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso ex art. 13 del DLgs. 472/97.
In particolare, qualora l’autofattura sia trasmessa al SdI con un ritardo non superiore a 90 giorni, la sanzione sarà ridotta a 1/9, divenendo pertanto pari a 27,80 euro, da versarsi con il codice tributo 8904.