Secondo le Entrate le società estere possono beneficiare dell’imposta convenzionale in dichiarazione
Con risposta ad interpello n. 379 di ieri, 11 settembre 2019, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che:
– una società non residente (nella fattispecie, un istituto di credito svizzero) può fruire del trattamento convenzionale più favorevole, in luogo dell’applicazione dell’ordinaria aliquota IRES, anche in relazione agli interessi corrisposti dai privati sprovvisti della qualifica di sostituti d’imposta;
– gli obblighi di sostituzione d’imposta a carico delle società estere sussistono solo se la società ha in Italia una stabile organizzazione.
Il caso esaminato riguarda un istituto di credito residente in Svizzera, privo di una stabile organizzazione in Italia, che eroga finanziamenti in favore di persone fisiche residenti in Italia; questi ultimi intrattengono con la banca sia rapporti diretti, sia rapporti indiretti, avvalendosi di società fiduciarie di diritto italiano.
La prima questione attiene il trattamento fiscale degli interessi percepiti dalla banca in relazione a tali finanziamenti.
Al riguardo, l’Agenzia precisa che, in base all’art. 23 comma 1 lett. b) del TUIR (richiamato in modo espresso dall’art. 151 comma 2 del TUIR per le società non residenti senza S.O.), i redditi di capitale percepiti da soggetti non residenti sono imponibili in Italia se corrisposti da soggetti residenti in Italia e, di regola, sono quindi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. Tuttavia, laddove gli interessi non siano corrisposti da un sostituto d’imposta, il soggetto non residente è tenuto ad assoggettare a imposizione i redditi prodotti in Italia presentando la dichiarazione dei redditi.
L’art. 11 della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-Svizzera stabilisce che gli interessi sono imponibili anche nello Stato della fonte; ove il percettore sia l’effettivo beneficiario degli interessi, opera la misura massima del 12,50%.
L’applicazione dell’aliquota ridotta non è dunque subordinata ai casi in cui intervenga un sostituto d’imposta, posto che la disposizione convenzionale si limita a stabilirne una soglia massima.
Ne risulta che l’istituto finanziario svizzero può beneficiare del trattamento convenzionale più favorevole anche in relazione agli interessi corrisposti dai privati sprovvisti della qualifica di sostituto d’imposta, come nel caso delle persone fisiche non esercenti attività di imprese commerciali; in tal caso, la banca svizzera è tenuta a presentare il modello REDDITI SC (e ad indicare nel rigo RN7 colonna 2, dedicato ai redditi assoggettati ad aliquote IRES diverse da quella ordinaria del 24%, l’aliquota convenzionale del 12,50%).
Richiamando la risoluzione n. 89/2012, l’Agenzia specifica poi che, nei casi in cui controparte di un contratto di finanziamento erogato da una banca svizzera sia una società fiduciaria residente in Italia, che agisce per conto dei propri fiducianti, quest’ultima è tenuta all’applicazione della ritenuta alla fonte a titolo d’imposta nei confronti del percettore non residente. In tal caso, la società fiduciaria può applicare direttamente, sotto la propria responsabilità, l’aliquota ridotta.
Ulteriore questione esaminata dalla risposta n. 379/2019 attiene l’eventuale assunzione della qualifica di sostituto di imposta in Italia da parte dell’istituto svizzero in virtù degli obblighi di presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia.
Al riguardo, si afferma che, anche se, sotto il profilo soggettivo, le società non residenti nel territorio dello Stato rientrano tra i soggetti di cui all’art. 23 comma 1 del DPR 600/73 (norma che attribuisce la qualifica di sostituto d’imposta), gli enti e le società non residenti assumono tale qualifica limitatamente ai redditi corrisposti da una loro stabile organizzazione o base fissa in Italia.
Pertanto, le società prive di stabile organizzazione in Italia sono “oggettivamente” escluse dalla qualifica di sostituto d’imposta.
La risposta si pone in continuità con la C.M. 23 dicembre 1997 n. 326 (§ 3.1), espressamente richiamata, e con la precedente risposta ad interpello n. 312/2019, superando il principio di diritto n. 8 del 12 febbraio 2019, in base al quale doveva, invece, considerarsi sostituto d’imposta la società non residente senza stabile organizzazione, proprietaria di immobili in Italia e conseguentemente obbligata alla presentazione della dichiarazione dei redditi.
In base alla risposta n. 379/2019, la società estera senza stabile organizzazione in Italia non opera le ritenute “d’ingresso” previste dagli artt. 26 e 27 del DPR 600/73 sugli interessi e i dividendi di fonte estera accreditati ai clienti residenti in Italia sui conti svizzeri che essi detengono.
Tale principio, in base al quale l’insussistenza della qualifica di sostituto d’imposta andrebbe ricollegata all’assenza di stabile organizzazione in Italia, dovrebbe, in quanto criterio oggettivo, essere estensibile ai casi in cui la società estera eroghi a soggetti residenti in Italia redditi di lavoro dipendente, assimilato o autonomo, con la conseguenza che, in tali ipotesi, il percettore sarebbe tenuto ad assolvere le imposte in autoliquidazione con la dichiarazione dei redditi.