Disciplina del DURC carente sotto il profilo penalistico

Per la Cassazione il contribuente che attesti l’adempimento di obblighi contributivi invece inevasi commette il reato di cui all’art. 483 c.p.

Di Ciro SANTORIELLO

Il documento di regolarità contributiva, c.d. DURC, è il documento con il quale, in modalità telematica e in tempo reale, indicando esclusivamente il codice fiscale del soggetto da verificare, si dichiara la regolarità contributiva nei confronti di INPS, INAIL e, per le imprese tenute ad applicare i contratti del settore dell’edilizia, di Casse edili.

Sono tenute a presentare necessariamente il DURC le imprese che:
– vogliano fare domanda per sovvenzioni, finanziamenti o agevolazioni;
– prendono parte a un appalto o subappalto per dei lavori pubblici;
– effettuano per privati dei lavori che richiedano la concessione edilizia o la dichiarazione di inizio attività edilizia;
– vogliano avere dagli organismi di attestazione l’attestazione SOA, che serve per partecipare a gare di appalto poiché dimostra la capacità dell’impresa di svolgere questo lavoro;
– vogliano registrarsi all’Albo dei fornitori ovvero a una piattaforma telematica che elenca tutti i fornitori di un determinato bene o servizi che siano qualificati e operino secondo le regole.

La disciplina di tale documento di regolarità contributiva, completa con riferimento ai profili amministrativi e previdenziali – indicandosi chiaramente chi e come deve richiedere tale attestazione –, si presenta invece carente sotto il profilo penalistico, non avendo il legislatore introdotto alcuna specifica fattispecie di reato per l’ipotesi, purtroppo tutt’altro che infrequente nella prassi, che i privati obbligati in tal senso producano alla Pubblica Amministrazione DURC mendaci.

La falsità del DURC può assumere due diverse forme, giacché da un lato tale documento può essere falso con riferimento al contenuto, quando il contribuente attesti l’adempimento di obblighi contributivi previsti dalla legge invece inevasi, con ciò falsamente rappresentando l’esistenza di una qualità – la regolarità contributiva – del dichiarante invece insussistente (c.d. falso ideologico) ovvero falso nella sua materialità, quando il privato produca o utilizzi un documento solo apparentemente proveniente dalle amministrazioni di provenienza (c.d. falso materiale).

La prima ipotesi, di falso ideologico, non è prospettabile con riferimento al DURC il quale viene rilasciato dalla Pubblica Amministrazione sulla base di quanto alla stessa risulta in ordine alla posizione del contribuente (posizione debitoria, regolarità nei pagamenti, ecc.), per cui in alcun modo il privato può mentire in ordine a tali circostanze e trarre in inganno l’autorità competente al rilascio del documento; quanto al falso materiale, invece, è da ritenere che la stessa integra il delitto di falsità materiale in certificato amministrativo, previsto dagli artt. 477-482 c.p., stante la natura giuridica di tale atto, che ha valore di attestazione della regolarità di un’impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi dovuti agli enti di riferimento (Cass. n. 29709/2017).

Recentemente, inoltre, la Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi anche sulla rilevanza penale della c.d. dichiarazione sostitutiva del DURC, che è una autocertificazione con la quale si attesta di non aver commesso illeciti ai fini del rilascio della documentazione unica di regolarità contributiva, che certificando gli adempimenti dell’INAIL dell’INPS e delle Casse Edili, consente di accedere ai benefici normativi e contributivi.

Secondo la sentenza n. 32859 della Cassazione, depositata il 22 luglio 2019, la falsa autodichiarazione in disamina sostituisce il DURC attraverso una dichiarazione resa alla P.A. ai sensi dell’art. 4, comma 14-bis del DL n. 70/2011, avente natura di autocertificazione ex art. 76 del DPR 445/2000 in merito ad una qualità del dichiarante – regolarità INPS e INAIL – rilevante anche al fine di prevenzione e controllo dell’evasione, con la conseguenza che solo il possesso della predetta autocertificazione – che tiene luogo del rilascio del DURC da parte degli enti interessati – legittima il dichiarante ad essere parte di una serie di rapporti pubblicistici, per cui la predetta attestazione sostituisce, da un lato, una pubblica certificazione ed è, dall’altro, destinata a pubblico ufficiale, come specificamente statuito dal citato art. 76 del DPR 445/2000, mentre è l’art. 47 dello stesso DPR ad attribuire efficacia probatoria alle dichiarazioni del privato rivolte alla P.A., sostitutive dell’atto di notorietà concernenti stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato.

Alla luce di queste considerazioni, dunque, deve ritenersi che il contribuente che attesti l’adempimento di obblighi contri-butivi previsti dalla legge invece inevasi, con ciò falsamente rappresentando l’esistenza di una qualità – la regolarità contributiva – del dichiarante invece insussistente, commette il reato di cui all’art. 483 c.p.

2019-09-02T11:19:21+00:00Settembre 2nd, 2019|News|
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