Il fallimento della srl si estende alla supersocietà e al socio/imprenditore individuale

Di Maurizio MEOLI

Il Tribunale di Bergamo, con una decisione del 5 dicembre scorso, si sofferma sulla questione della configurabilità, prima, e della fallibilità, poi, di una “supersocietà” di fatto. Tale società, nel caso di specie, era ravvisata tra la Alfa srl (poi fallita) e un’impresa individuale, costituita da Tizio, socio e componente del CdA della Alfa srl, per sopperire alla intervenuta inoperatività di questa, che non poteva ottenere il rilascio del DURC.

L’occasione dell’intervento è determinata dalla richiesta del curatore fallimentare della Alfa srl di ottenere, ex art. 147 comma 5 del RD 267/1942, la dichiarazione di fallimento della “supersocietà” di fatto costituita tra la Alfa srl e l’impresa individuale di Tizio, nonché, di riflesso, dello stesso Tizio quale socio illimitatamente responsabile ex art. 147 comma 1 del RD 267/1942.

Ai sensi dell’art. 147 comma 5 del RD 267/42, il Tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile a una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile, ne dichiara il fallimento.
Tale norma, precisa la decisione in commento, trova applicazione non solo quando, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, risulti che l’impresa è in realtà riferibile a una società di fatto tra il fallito e uno o più soci occulti, ma, in virtù di una interpretazione estensiva, anche laddove il socio già fallito sia una società, anche di capitali, che partecipi, con altre società o persone fisiche, a una società di persone anche di fatto (cfr. Cass. n. 10507/2016).

È ammissibile la partecipazione di una società di capitali a una società di persone – qual è per definizione quella di fatto – non essendo esigibile, in tale ipotesi, il rispetto dell’art. 2361 comma 2 c.c., dettato per le spa, né la preventiva decisione autorizzativa dei soci ex art. 2479 comma 2 n. 5 c.c., quantomeno nelle ipotesi (qual era quella di specie) in cui l’assunzione della partecipazione non comporti un significativo mutamento dell’oggetto sociale (cfr. Cass. nn. 10507/2016 e 1095/2016).

Nel caso esaminato, in particolare, depongono nel senso della configurabilità di una supersocietà di fatto tra la Alfa srl (fallita) e l’impresa individuale di Tizio i seguenti indici:
– l’identità della denominazione sociale dell’impresa individuale e della srl;
– la parziale coincidenza degli oggetti sociali delle due imprese;
– la coincidente sede dei due soci della società di fatto;
– l’esistenza di molteplici circostanze da cui era possibile desumere lo svolgimento di un’attività comune tra le due imprese (societaria e individuale) e dunque l’affectio societatis tra i due soggetti (tra l’altro: l’espressa dichiarazione di Tizio di voler far fronte alla crisi della srl costituendo l’impresa individuale per portare a termine le commesse già assunte da Alfa srl, la quale non poteva più operare perché non le veniva rilasciato il DURC; il mantenimento in vita di Alfa srl al presumibile scopo di preservare l’avviamento e conservare la clientela esistente in capo alla società; l’effettuazione di movimentazioni di denaro dalla società all’impresa e viceversa; l’avere indotto taluni clienti dell’impresa individuale a effettuare pagamenti sul conto della srl, il che presuppone l’operatività unitaria dei soggetti coinvolti per il perseguimento di uno scopo comune e l’esteriorizzazione di tale attività comune; la stipulazione, da parte della Alfa srl, in un momento in cui era già decotta e consapevole dell’imminente fallimento, di un’apertura di credito, così costituendo un fondo comune a favore della società di fatto).

Si tratta di elementi di giudizio gravi, precisi e tra loro concordanti che costituiscono manifestazioni esteriori, sintomatiche e concludenti dello svolgimento di un’attività in comune tra la srl e l’omonima impresa individuale e, dunque, dell’esistenza di una supersocietà di fatto tra tali soggetti o quantomeno dell’apparenza di un simile soggetto di fronte ai terzi; il che è comunque rilevante, oltre che agli effetti di cui all’art. 2297 c.c. (in tema di mancata registrazione), anche ai fini della dichiarazione di fallimento del socio illimitatamente responsabile (cfr. Cass. n. 4529/2008).

A fronte di tutto ciò, il Tribunale osserva come lo stato di insolvenza della società di fatto discenda, da un lato, dall’intervenuto fallimento del suo socio Alfa srl e, dall’altro, dalla mancata allegazione, da parte del socio Tizio, dell’esistenza di beni liquidabili idonei a consentire l’integrale soddisfacimento dei creditori della società di fatto (tra i quali sono da includere quelli della Alfa srl fallita).
Il superamento delle soglie di fallibilità di cui all’art. 1 del RD 267/1942 in capo alla società di fatto è, poi, in re ipsa, derivando dall’intervenuta dichiarazione di fallimento della Alfa srl.

Al fallimento della società di fatto, infine, consegue, ex art. 147 comma 1 del RD 267/1942, quello del suo socio illimitatamente responsabile (Tizio), senza necessità di accertamento della specifica insolvenza di quest’ultimo.