Società estere sostituti d’imposta solo con stabile organizzazione

Superata dall’Agenzia delle Entrate la posizione per cui era sufficiente allo scopo l’obbligo di presentazione del modello REDDITI

Di Massimo NEGRO e Gianluca ODETTO

La risposta ad interpello n. 312 di ieri, 24 luglio 2019, è tornata ad analizzare la complessa tematica degli obblighi di sostituzione d’imposta a carico delle società estere, chiarendo che essi sussistono solo se la società ha in Italia una stabile organizzazione.

La situazione esaminata è quella di una società di diritto spagnolo con un dipendente italiano, la quale avrebbe intenzione di aprire in Italia un ufficio di rappresentanza che, tuttavia, non avrebbe natura di stabile organizzazione in base all’art. 162 del TUIR (e, presumibilmente, all’art. 5 della Convenzione Italia-Spagna). L’opinione espressa dall’Agenzia delle Entrate è, come detto, netta nell’affermare, in continuità con l’orientamento della C.M. n. 326 del 23 dicembre 1997 (§ 3.1), che assume la qualifica di sostituto d’imposta la sola società non residente con stabile organizzazione in Italia: le società prive di S.O., invece, “ne sono oggettivamente escluse in ragione della delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato”.

La risposta a interpello assume particolare importanza in quanto sembra porsi in un’ottica di netto superamento del principio di diritto n. 8 del 12 febbraio 2019. Quest’ultimo documento aveva, infatti, preso in considerazione la situazione di una società non residente senza stabile organizzazione italiana, proprietaria di alcuni immobili in Italia, concludendo nel senso per cui essa doveva considerarsi sostituto d’imposta (si veda “Le società estere non sono sempre sostituti d’imposta” del 16 aprile 2019).

Si ricorda che, come del resto richiamato dalla stessa risposta n. 312/2019, la qualifica di sostituto d’imposta è attribuita dall’art. 23 del DPR 600/73, in primo luogo, agli “enti e società indicati nell’articolo 87 (oggi 73), comma 1” del TUIR e, quindi, alle società di capitali e agli enti commerciali e non commerciali residenti in Italia (menzionati nelle lettere a), b) e c) della norma), nonché alle società ed enti di ogni tipo non residenti (menzionati nella lettera d).

La norma, se interpretata in modo letterale, farebbe gravare gli obblighi in questione su tutte le società ed enti non residenti, e in questo senso andrebbero, sempre con un’interpretazione letterale, le istruzioni al modello 770, le quali menzionano, tra i soggetti tenuti all’adempimento, le “società ed enti di ogni tipo (…) non residenti nel territorio dello Stato”.

In passato l’Amministrazione finanziaria ha però circoscritto gli obblighi, oltre che alle stabili organizzazioni, alle società estere tenute alla presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia (R.M. n. 649 dell’8 luglio 1980); questa pare essere, peraltro, la motivazione che sta alla base del principio di diritto n. 8/2019, pur se non resa esplicita: la società non residente proprietaria di immobili, infatti, è tenuta a presentare la dichiarazione dei redditi per i redditi fondiari degli immobili stessi, imponibili in Italia a norma dell’art. 23 comma 1 lettera a) del TUIR, e questo fatto “attrarrebbe” a sé gli obblighi di presentazione del 770 (così come, a monte, gli adempimenti propedeutici, rappresentati dal prelievo delle ritenute e dalla certificazione ai percipienti dei redditi corrisposti).

Con la risposta all’interpello n. 312/2019 si tornerebbe invece, come detto, all’impostazione sostenuta nella C.M. n. 326 del 23 dicembre 1997 (§ 3.1), nella quale vengono menzionate le sole stabili organizzazioni. Vero è che un possibile punto d’incontro tra il nuovo documento e il principio di diritto n. 8/2019 potrebbe essere rappresentato dal fatto che, nella situazione esaminata (società spagnola con una struttura italiana non qualificabile come S.O.) non dovrebbero esservi obblighi di dichiarazione in Italia (e, quindi, il fatto che la società spagnola non sia considerata sostituto d’imposta potrebbe essere giustificabile con l’assenza di obblighi di presentazione della dichiarazione).

Tuttavia, il riferimento espresso al fatto che la veste di sostituto d’imposta non è tale in virtù dell’assenza della S.O. dovrebbe essere interpretato quale un superamento del contenuto del principio di diritto n. 8/2019 a favore di criteri – quelli della risposta n. 312/2019 – molto più oggettivi e razionali.

Va da ultimo ricordato che, se la società non riveste la qualifica di sostituto d’imposta, oltre a non essere tenuta ad operare le ritenute sui redditi di lavoro dipendente (art. 23 del DPR 600/73), essa non opera le ritenute sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, sui redditi di lavoro autonomo, sulle provvigioni ecc. (artt. 24 e seguenti del DPR 600/73). I percipienti (nel caso specifico, il lavoratore dipendente) devono quindi assolvere le imposte in autoliquidazione con la dichiarazione dei redditi.

2019-07-25T07:53:40+00:00Luglio 25th, 2019|News|
Torna in cima