L’invalidità potrebbe essere determinata dal fatto che il progetto di bilancio è accompagnato dalla relazione di un revisore non legittimato a emetterla

Di Luciano DE ANGELIS

Con l’ordinanza del 31 maggio 2019 n. 14919, come già visto su Eutekne.info (si veda “Nulla la nomina del revisore che condivide lo studio con il sindaco” del 1° giugno 2019), la Cassazione interpreta in maniera estremamente rigorosa le norme sull’indipendenza del revisore esterno.
Essa ritiene (ed a quanto consta è questa la prima decisione della Suprema Corte in merito al DLgs. che regola la revisione legale) che il revisore legale di una società, che fa parte del medesimo studio professionale di uno dei membri del Collegio sindacale, anche se al solo fine di dividerne i costi, non rispetta i principi di indipendenza contemplati per i revisori dall’art. 10 del DLgs. 39/2010. Tale violazione di una norma imperativa comporta la nullità dell’atto di nomina del revisore a cui consegue la negazione del suo diritto di percepire i compensi.

Pur riferendosi la decisione in commento al testo del comma 2 dell’art. 10 del DLgs. 39/2010 anteriore alla riforma apportata allo stesso dal DLgs. 135/2016, esso conserva la sua indubbia validità anche a seguito della modifica, poiché le attuali disposizioni dell’art. 10, commi 1-ter e 2 del DLgs. 39/2010 rendono semmai ancora più incisivi i previgenti principi di indipendenza, non incidendo, quindi, sulle conclusioni a cui giunge la Suprema Corte.

A ben analizzare i contenuti della pronuncia, il passaggio essenziale è probabilmente da individuarsi nella nozione di “società” – che non può intrattenere con il revisore legale relazioni finanziarie, d’affari, di lavoro o di altro genere, dirette o indirette (aventi ad oggetto la prestazione di servizi anche diversi dalla revisione). La società, infatti, secondo la Cassazione, non sarebbe individuata esclusivamente nell’organo gestorio-direzionale della stessa, ma altresì nell’organo del Collegio sindacale.

Tale forte interpretazione presta il fianco a numerose critiche. Si può infatti sostenere, da un lato, che mentre l’attività di amministratore e quella di revisore sono assolutamente antitetiche, quella del sindaco e del revisore sono assolutamente complementari. Non solo, mentre mai sarebbe ammesso che i ruoli di amministratore e di revisore di una società vengano rivestiti dal medesimo soggetto fisico, ciò non si può certo dire per il ruolo di sindaco e revisore, perché l’art. 2409-bis c.c. ammette tale soluzione nel maggior numero delle società di capitali chiuse. Né determinante appare la circostanza che amministratori e sindaci siano sottoposti a una responsabilità solidale, poiché fondamentalmente essi rispondono nei confronti di società, soci e terzi, così come peraltro il revisore, per non aver correttamente ottemperato agli obblighi del proprio ufficio.

Cionondimeno, l’ordinanza richiama, ad avviso di chi scrive, anche ragioni condivisibili nell’escludere che fra sindaci e revisori possano sussistere rapporti economico-patrimoniali. In tal senso depone in particolare l’art. 13 del DLgs. 39/2010, che impone, al comma 1, di nominare il revisore su proposta motivata dell’organo di controllo e, al comma 3, di revocare il revisore per giusta causa, sentito l’organo di controllo. È evidente che rapporti economico-patrimoniali fra sindaci e revisori in relazione a tali giudizi potrebbero indurre il collegio sindacale (e ancor più il sindaco unico) a favorire, indebitamente, il revisore facente capo alla sua stessa rete professionale.

In ogni caso, a prescindere dalla condivisibilità o meno delle motivazioni della Suprema Corte, ciò che più rileva sono le conclusioni a cui essa perviene, ritenendo che il mancato rispetto dei principi di indipendenza contemplati per i revisori dall’art. 10 del DLgs. 39/2010 nei confronti del collegio sindacale comporti la nullità della nomina del revisore stesso.
Tale nullità, ed è questa la conclusione a cui giunge la Suprema Corte, comporta il venir meno del diritto del revisore a richiedere il pagamento del compenso.

Ciò che, tuttavia, dall’ordinanza non emerge, poiché probabilmente questione estranea all’oggetto della contesa fra le parti, è che un progetto di bilancio accompagnato dalla relazione di revisione di un revisore non legittimato a emetterla potrebbe determinare anche l’invalidità del bilancio, che, presumibilmente, diverrebbe annullabile per un (forte) vizio della procedura di approvazione della stessa.
A tale conclusione, peraltro, la giurisprudenza di legittimità è già giunta (cfr. Cass. 9 maggio 2008 n. 11554) a fronte di un bilancio approvato con il concorso di sindaci ineleggibili. La questione non appare così diversa nel momento in cui, a essere ritenuta illegittima, sia la nomina del revisore esterno.

Per approfondimenti sul tema si rimanda a “Sindaci e revisori incompatibili se appartenenti alla stessa «rete»”, nel n. 7/8 della rivista “Società e Contratti, Bilancio e Revisione”, di prossima pubblicazione