Sembra questa l’interpretazione preferibile dell’ultimo comma dell’art. 2490 c.c.

Di Maurizio MEOLI

Ai sensi dell’art. 2490 comma 6 c.c., qualora per oltre tre anni consecutivi non venga depositato il bilancio annuale di liquidazione, la società è cancellata d’ufficio dal Registro delle imprese con gli effetti previsti dall’art. 2495 c.c. (in tema di cancellazione/estinzione in esito al procedimento di liquidazione).

Secondo il Tribunale di Roma 17 novembre 2015, la finalità della disposizione sulla cancellazione d’ufficio risiederebbe nell’interesse di natura pubblicistica all’eliminazione delle società non più operanti da tempo, la cui inerzia costituisce sintomo di estinzione.
Di conseguenza, a fronte di un’istanza di annullamento dell’iscrizione di tale cancellazione da parte della società cancellata nessun rilievo era attribuito al fatto che la società, in realtà, aveva continuato a svolgere concreta e continua attività economica (peraltro, nel caso di specie, risultando proprietaria di beni immobili), né alla circostanza che il mancato deposito dei bilanci fosse stato determinato da gravi problemi di salute del professionista incaricato di curare gli adempimenti societari e tributari.

Ciò sia per la natura latamente sanzionatoria riconosciuta alla cancellazione d’ufficio, sia in ragione dei principi espressi dalle Sezioni Unite della Cassazione, nelle sentenze nn. 6070, 6071 e 6072/2013, per la disciplina degli effetti sui rapporti in corso conseguenti all’estinzione dell’ente, che precludono ogni possibilità di procedere alla cancellazione dell’iscrizione della cessazione della società una volta determinatosi l’effetto estintivo di essa. Per di più, osserva in chiusura il Tribunale di Roma, neppure risultava allegata un’effettiva impossibilità assoluta rispetto all’inadempimento del deposito dei bilanci di liquidazione, non potendo reputarsi tale lo stato di salute del professionista incaricato di curare gli adempimenti societari e tributari.

Il Tribunale di Milano 18 gennaio 2019, invece, in relazione all’istanza di una società di provvedere alla cancellazione d’ufficio di altra società che, in liquidazione dal 2008, non aveva mai depositato alcun bilancio di liquidazione, ma, nel corso del 2017, aveva presentato nei suoi confronti istanza di fallimento, ha stabilito, innanzitutto, che la previsione di cui all’art. 2490 comma 6 c.c. non presenta carattere sanzionatorio.

Essa, al pari delle disposizioni contenute nell’art. 3 del DPR n. 247/2004, relative alla cancellazione d’ufficio delle società di persone inattive, reca una presunzione relativa di compimento dell’attività liquidatoria (presunzione correlata all’assenza degli adempimenti tipici della fase liquidatoria, ovvero i depositi dei bilanci annuali di liquidazione).
Rispetto a tale presunzione, la società in liquidazione può fornire elementi indicativi della necessità di prosecuzione della fase liquidatoria (si pensi, ad esempio, al caso nel quale il mancato deposito dei bilanci dipenda non dalla loro mancata redazione, ma dalla loro mancata approvazione da parte dei soci).

L’art. 2490 comma 6 c.c., quindi, non determina alcun effetto “automatico” di estinzione dell’ente allo scadere del triennio rilevante in assenza del deposito di bilanci e, tantomeno, legittima i terzi a opporre alla società la sua intervenuta estinzione.

L’eventuale istanza di cancellazione avvia un apposito procedimento, solo al compimento del quale il Conservatore provvederà a richiedere al Giudice del registro la cancellazione della società, laddove non siano emersi elementi ostativi a tale cancellazione ovvero indici relativi alla prosecuzione medio tempore dell’attività liquidatoria. Nel caso di specie, in particolare, oltre al fatto che la società di cui era stata richiesta la cancellazione d’ufficio si era attivata per recuperare il proprio credito nei confronti della società ricorrente, emergeva come la stessa avesse, nel frattempo, depositato i bilanci della fase liquidatoria e revocato lo stato di liquidazione.
L’istanza di cancellazione, quindi, veniva rigettata.

La soluzione adottata dal Tribunale di Milano appare preferibile. Ciò soprattutto considerando il fatto che il presupposto della cancellazione d’ufficio, ovvero il mancato deposito per oltre tre anni consecutivi del bilancio di liquidazione, è preso in considerazione di per sé, senza minimamente vagliarne le cause. Si consideri proprio il caso prospettato dal Tribunale di Milano, in cui il mancato deposito dei bilanci dipenda non dalla loro mancata redazione, ma dalla loro mancata approvazione da parte dei soci, perché, ad esempio, prosegue, tra essi, il dissenso che ha portato la società allo scioglimento giudiziale per impossibilità di funzionamento o per continuata inattività dell’assemblea (ex art. 2484 comma 1 n. 3 c.c.).

In un simile contesto, quindi, l’attività di liquidazione posta in essere dal liquidatore di nomina giudiziaria potrebbe comunque essere in corso di svolgimento. Sarebbe allora da valutare anche la possibilità, ammessa dalla prevalente dottrina, di procedere al deposito del progetto di bilancio annuale di liquidazione non approvato dall’assemblea. Si riuscirebbero, per tal via, a evitare quelle cancellazioni d’ufficio dal Registro delle imprese di società regolarmente gestite dai liquidatori, ma non sorrette dall’interesse dei soci, che non hanno approvato i relativi bilanci.