L’Agenzia delle Entrate chiarisce cosa avviene se il fornitore non può più emettere la nota di credito

Di Mirco GAZZERA

Se il fornitore ha applicato all’operazione un’aliquota IVA superiore a quella corretta e non è più possibile emettere la nota di variazione in diminuzione, il cessionario o committente destinatario del meccanismo dello split payment può recuperare gli importi versati in eccesso all’Erario scomputandoli dai futuri versamenti dovuti in base al predetto regime. Si tratta del principale chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 243 pubblicata ieri, 16 luglio 2019.

Nel caso esaminato, il fornitore aveva erroneamente assoggettato all’aliquota IVA del 10%, anziché del 4%, il servizio di ristorazione erogato presso la sede di un dipartimento. Tenuto conto del limite annuale dall’effettuazione dell’operazione previsto dall’art. 26 comma 3 del DPR 633/72 per l’errata fatturazione, il fornitore aveva emesso le note di variazione in diminuzione solo per il periodo dal 1° dicembre 2016 al 4 agosto 2017 e non per quello precedente dal 1° gennaio 2015 al 30 novembre 2016.

Di conseguenza, il dipartimento ha presentato istanza di interpello al fine di conoscere, sostanzialmente, le modalità per recuperare l’imposta versata all’Erario in misura eccedente con l’applicazione del meccanismo dello split payment (art. 17-ter del DPR 633/72).

Qualora sia riferita a una fattura originaria emessa con applicazione della scissione dei pagamenti, l’Agenzia delle Entrate ha richiamato la prassi precedente (cfr. circ. Agenzia delle Entrate nn. 6/2015, 15/2015 e 27/2017) secondo cui la nota di variazione in diminuzione deve:
– essere numerata;
– indicare l’ammontare della variazione e della relativa imposta;
– fare esplicito riferimento alla fattura originaria.

Le modalità di recupero dell’imposta, da parte della Pubblica Amministrazione committente o cessionaria, sono diverse a seconda che l’acquisto sia stato effettuato nell’ambito commerciale o nella sfera istituzionale non commerciale:
– nel primo caso, occorre annotare contestualmente la nota di variazione nel registro delle fatture o dei corrispettivi (artt. 23 e 24 del DPR 633/72) e in quello degli acquisti (art. 25 del DPR 633/72), al fine di stornare la parte d’imposta precedentemente considerata a debito e rettificare l’IVA detraibile;
– nel secondo caso, l’imposta versata in eccesso può essere scomputata dai successivi versamenti IVA da effettuare nell’ambito della scissione dei pagamenti.

Con riguardo alle fatture relative al periodo dal 1° gennaio 2015 al 30 novembre 2016, per le quali il fornitore non può più emettere le note di variazione IVA in diminuzione essendo decorso il termine dell’art. 26 comma 3 del DPR 633/72, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il versamento della maggiore IVA effettuato dal dipartimento costituisce un indebito oggettivo (art. 2033 e ss. c.c.). Ove riconosciuto dall’Amministrazione finanziaria, quest’ultimo può comportare, alternativamente:
– la ripetizione delle somme indebitamente versate;
– l’utilizzo delle predette somme in compensazione, ai sensi degli artt. 1241 e ss. c.c.

L’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto al dipartimento, pertanto, la possibilità di recuperare l’IVA versata in eccesso scomputandola dai futuri versamenti derivanti dagli acquisti in regime di split payment relativi alla propria sfera istituzionale.
A tale fine, il dipartimento è tenuto a evidenziare l’avvenuta compensazione nei propri documenti contabili specificando le motivazioni che hanno determinato la rilevazione dell’indebito e dei relativi importi, anche utilizzando un apposito prospetto di riconciliazione descritto nel documento di prassi in esame.