L’accordo transattivo legittima l’emissione della nota di credito

Di Mirco GAZZERA

Un soggetto passivo che ha emesso fattura per una prestazione di servizi senza l’applicazione dell’IVA, in forza di quanto previsto dal c.d. “regime forfetario”, adotta il medesimo regime anche qualora emetta una nota di variazione in diminuzione per la sopravvenuta riduzione del corrispettivo. Si tratta del chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 227 pubblicata ieri, 11 luglio 2019.

A fronte delle prestazioni rese, un consulente tecnico d’ufficio (CTU) aveva emesso fattura senza l’applicazione dell’IVA e della ritenuta d’acconto, in quanto contribuente soggetto al regime forfetario per gli autonomi (art. 1 commi 54-89 della L. 190/2014). Poiché il corrispettivo della citata prestazione non era stato ritenuto congruo da una delle parti del giudizio, era stato presentato un reclamo al presidente del tribunale addivenendo, nelle more del giudizio, a un accordo transattivo. Quest’ultimo prevede la riduzione del compenso spettante al CTU. Con istanza di interpello è stato chiesto, dunque, se la nota di credito emessa dal CTU per la differenza di corrispettivo possa non recare l’addebito dell’IVA, come avvenuto per la fattura emessa originariamente (dalla formulazione del quesito potrebbe sorgere il dubbio se il CTU applichi ancora il regime forfetario).

Sotto il profilo civilistico, l’Agenzia delle Entrate ha premesso che la funzione della transazione è quella di comporre o prevenire una lite mediante reciproche concessioni (art. 1965 c.c.). Nella precedente risposta a interpello n. 178/2019 (si veda “Termine annuale per la nota di credito in caso di sopravvenuto accordo transattivo” del 4 giugno 2019) era stato chiarito, altresì, che gli effetti della transazione possono essere:
– di natura dichiarativa, se non scaturiscono nuovi rapporti tra le parti concretizzandosi essenzialmente nella reciproca rinuncia o nel contestuale ridimensionamento delle pretese originarie;
– di natura innovativa, se si determina la creazione di un nuovo rapporto diretto a costituire, in sostituzione di quello precedente, nuove e autonome situazioni.

Nella prima ipotesi (transazione dichiarativa) il trattamento fiscale è stabilito con riferimento al rapporto giuridico che ha dato origine alla transazione, mentre nella seconda (transazione novativa) le parti assumono una nuova o diversa obbligazione della quale occorre valutare la riconducibilità all’ambito applicativo dell’IVA.

Tornando alla risposta a interpello in esame, l’Agenzia delle Entrate ha osservato che l’accordo transattivo ha comportato una riduzione della somma dovuta per la prestazione resa dal CTU. L’art. 26 comma 2 del DPR 633/72 prevede che se un’operazione per la quale è stata emessa fattura, successivamente alla registrazione, “viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili (…)” il cedente o prestatore può operare una variazione in diminuzione.

Richiamando le precedenti indicazioni fornite dalla prassi amministrativa (es. ris. Agenzia delle Entrate n. 85/2009), l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che la transazione è riconducibile fra gli eventi “simili” alla dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione, che legittimano l’emissione della nota di variazione IVA in diminuzione, ai sensi dell’art. 26 comma 2 del DPR 633/72. Trattandosi di un accordo sopravvenuto, tuttavia, la nota di credito deve essere emessa entro un anno dal momento dell’effettuazione dell’operazione originaria (art. 26 comma 3 del DPR 633/72).

Quanto descritto, ha precisato l’Agenzia, si applica anche se la fattura originaria è stata emessa con applicazione del regime forfetario per gli autonomi, quindi, senza l’addebito dell’IVA in rivalsa, ai sensi dell’art. 1 comma 58 della L. 190/2014. La nota di variazione in diminuzione può essere emessa dal CTU, dunque, applicando il predetto regime ed entro il termine di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione ossia, nel caso di specie, dalla data della fattura originaria, in quanto emessa anteriormente al pagamento del corrispettivo (art. 6 comma 4 del DPR 633/72). Si rileva, peraltro, che decorso il termine di un anno appare comunque possibile l’emissione di un documento rettificativo non avente valenza IVA.