Per gli immobili locati, l’occupante deve versare la TASI nella misura stabilita dal regolamento comunale, oscillante tra il 10% e il 30% dell’imposta totale

Di Stefano SPINA

L’acconto IMU e TASI per l’anno 2019, la cui scadenza è fissata per il prossimo 17 giugno, deve essere determinato sulla base delle aliquote e delle detrazioni dell’anno 2018 ma in proporzione alla quota e mesi di possesso nonché all’utilizzo dell’anno in corso.

Nel caso in cui il Comune abbia previsto anche il pagamento della TASI occorre verificare se nei primi sei mesi dell’anno l’immobile è stato occupato da un soggetto diverso dal possessore. Infatti in tale ipotesi sia il possessore che il detentore sono titolari di un’autonoma obbligazione tributaria in base all’art. 1 comma 681 della L. 147/2013.
L’occupante verserà la TASI nella misura stabilita dal regolamento comunale, oscillante tra il 10% e il 30% dell’imposta complessiva calcolata applicando le aliquote stabilite dal Comune con riferimento alla condizione del titolare del diritto reale, mentre la restante parte sarà corrisposta dal proprietario. Se il regolamento comunale nulla dice in tema di ripartizione, il detentore dovrà versare il 10% dell’imposta.

Il locatore e il detentore sono titolari di autonome obbligazioni tributarie e la responsabilità solidale è prevista solo nell’ambito dei comproprietari o dei detentori e non, quindi, tra possessore e detentore. Infatti, nel caso in cui il possessore sia obbligato al versamento del tributo ma non ottemperi alla propria obbligazione, il Ministero dell’Economia e delle finanze (risposta 3 giugno 2014 n. 16) ha chiarito che il proprietario non è responsabile del mancato pagamento da parte dell’inquilino.

A partire dall’anno 2016 se l’unità immobiliare locata, non classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, è detenuta da un soggetto che la destina ad abitazione principale, solamente il proprietario versa l’imposta nella percentuale stabilita dal Comune mentre il conduttore è esentato dal versamento.

Infine, in base a quanto disposto dall’art. 1 comma 673 della L. 147/2013 in caso di detenzione temporanea di durata non superiore a sei mesi nel corso dello stesso anno solare, la TASI è dovuta soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e superficie e non dal detentore.

Per quanto riguarda invece il proprietario locatore il comma 53 dell’art. 1 della L. 28 dicembre 2015 n. 208, ha introdotto, con effetto dal 2016, una riduzione valevole ai fini IMU e TASI per gli immobili locati con contratti a canone concordato individuati dal comma 3 dell’art. 2 della L. 9 dicembre 1998 n. 431 e quindi ai contratti “agevolati” per finalità abitative aventi durata minima di tre anni con obbligo di proroga di altri due, salvo gli specifici casi di diniego, nonché quelli di natura transitoria per il soddisfacimento di particolari esigenze delle parti con durata non superiore a 18 mesi e quelli relativi agli studenti universitari.

Se l’immobile è locato con uno di questi contratti, il proprietario può usufruire di una riduzione dell’IMU del 25% rispetto all’aliquota stabilita dal Comune. L’agevolazione si estende anche alla TASI per cui, in questo caso, potranno usufruirne sia il locatore che il conduttore.

Al riguardo il DM 16 gennaio 2017, riscrivendo le regole in merito all’attestazione dei requisiti per poter stipulare i contratti a canone concordato, ha previsto l’assistenza, nella definizione del canone, delle rispettive organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori e, in alternativa, l’attestazione, da parte di un’organizzazione firmataria dell’accordo, della rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all’accordo stesso.

Pertanto, come precisato nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 31 del 20 aprile 2018, se il Comune ha adottato il nuovo accordo, a partire dalla data della sua entrata in vigore, per poter usufruire delle agevolazioni fiscali i contratti dovranno essere stipulati con l’assistenza delle associazioni oppure essere dotati dell’attestazione di rispondenza.
Tale documento non è invece necessario se il Comune non ha adeguato i propri accordi territoriali sulla base del DM 16 gennaio 2017 oppure il contratto sia stato stipulato in vigenza dei vecchi accordi.