La definizione delle violazioni formali fa cessare la materia del contendere

Di Alfio CISSELLO

In pendenza di lite su un atto irrogativo di sole sanzioni non collegate al tributo, il contribuente, alternativamente, può fruire della definizione delle liti pendenti (art. 6 del DL 119/2018) o della definizione delle violazioni formali (art. 9 del DL 119/2018).

Bisogna però effettuare calcoli di convenienza, in quanto tutte le liti (sempre che il ricorso sia stato notificato entro il 24 ottobre 2018) possono essere definite (al 40% o al 15%), mentre non tutte le violazioni possono essere definite ai sensi dell’art. 9 del DL 119/2018, pagando appena 200 euro.

Prendiamo l’esempio dell’omessa regolarizzazione del cessionario ex art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97, contestata in via separata ai sensi dell’art. 16 del DLgs. 472/97 (se fosse contestata unitamente all’accertamento, in caso di definizione della lite verrebbe di diritto stralciata).
Non vi è dubbio che la lite sia definibile, mentre per l’Agenzia delle Entrate (circolare 15 maggio 2019 n. 11) non può essere regolarizzata applicando l’art. 9.

Il contribuente è quindi davanti a un bivio: o definisce ai sensi dell’art. 6, pagando, a seconda dei casi, il 15% o il 40%, o paga i 200 euro e rimuove la violazione (e in questo caso emerge anche il problema di come rimuoverla) ma, nel contempo, si prepara a continuare nel contenzioso in quanto l’Erario non riterrà valida la definizione.
Pertanto, sarà il giudice a decidere se la definizione può ritenersi valida o meno. In caso di responso negativo, procederà a esaminare il merito.

In questo caso, l’estinzione della violazione sarà formulata dal contribuente, a seconda dei casi, in appello o in apposita memoria, o in Cassazione piuttosto che nel giudizio di rinvio, non essendo previsto il diniego ad opera dell’Ufficio. Potremmo dire che la definizione ha una dimensione extraprocessuale.

Se, invece, si decide di definire ai sensi dell’art. 6, si presenta domanda pagando la prima rata o tutte le somme entro il 31 maggio, si deposita la domanda e il modello F24 entro il 10 giugno e il processo rimane sospeso sino al 31 dicembre 2020.
Entro il 31 luglio 2020 potrà esserci il diniego di definizione, atto impugnabile dal contribuente.
Forse, in casi come quello descritto, dove l’applicabilità dell’art. 9 è tutt’altro che pacifica, conviene definire la lite, in quanto nella peggiore delle ipotesi il 60% della sanzione è stralciata.

Invece, pensiamo ora alla sanzione, irrogata nella misura massima (50.000 euro) da mancata indicazione dei costi black list, di cui all’art. 8 comma 3-bis del DLgs. 471/97.
La possibilità di definire pagando solo 200 euro è confermata dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 11 del 2019, e anche nella risposta a interpello 8 aprile 2019 n. 101.
È evidente che conviene la definizione delle violazioni formali: si tratta di comparare un costo di 200 euro con un costo, nella migliore delle ipotesi, di 7.500 euro (15% di 50.000).

Il processo dovrà essere dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere ai sensi dell’art. 46 del DLgs. 546/92, trattandosi, all’evidenza, di definizione della pendenza tributaria prevista per legge. È irrilevante che la definizione non presupponga, necessariamente, la lite, in quanto sempre di definizione si tratta.

Si ritiene di conseguenza errato quanto sostenuto nella circolare n. 11 del 2019, secondo cui il contribuente dovrebbe rinunciare al ricorso. Peraltro, ma la circolare su questo aspetto non si pronuncia, rinunciando, come prevede l’art. 44 del DLgs. 546/92 ci sarebbe il rischio di essere condannati alle spese.