In assenza di puntuali decisioni in materia, invece, non vanno rimborsati i costi per il vitto

Di Maurizio MEOLI

In assenza di indicazioni nelle decisioni attinenti ai compensi da corrispondere agli amministratori, a questi spetta il rimborso dei costi chilometrici derivanti dall’espletamento della propria attività, ma non anche delle spese per il vitto sostenute in occasione delle trasferte. Mentre, infatti, i primi sono affrontati “a causa” dell’incarico, le seconde avvengono solo “in occasione” dello stesso. A precisarlo è il Tribunale di Torino, nella sentenza n. 5384/2018.

Il caso attiene ad una srl avente ad oggetto sociale “lavori e costruzioni in genere di edilizia civile e industriale” con più cantieri aperti contemporaneamente in un’area di oltre 100 km dalla sede sociale. Gli amministratori unici succedutisi nello svolgimento dell’incarico gestorio avevano percepito rimborsi per le documentate spese di trasporto e vitto sostenute proprio in occasione delle frequenti trasferte svolte per il monitoraggio dei cantieri. Tali rimborsi – ritenuti indebiti – costituivano uno degli oggetti della richiesta di risarcimento da parte di due soci della srl per il tramite di un’azione di responsabilità ex art. 2476 c.c.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 2389 c.c., i compensi spettanti ai membri del CdA e del comitato esecutivo sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea. Essi possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili o dall’attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione. La rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal CdA, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l’assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.

Nulla si dice in relazione al rimborso delle spese sostenute dagli amministratori. La Cassazione a Sezioni Unite n. 10680/1994, peraltro, ha stabilito che al riguardo può trovare applicazione analogica l’art. 1720 c.c., dettato in tema di mandato, secondo cui, il mandante deve rimborsare al mandatario le “anticipazioni”, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e deve pagargli il compenso che gli spetta (comma 1). Il mandante deve, inoltre, risarcire i “danni” subìti dal mandatario a causa dell’incarico (comma 2).

L’art. 1720 comma 2 c.c., con il suo riferimento ai “danni”, è stato inteso dalle Sezioni Unite come comprensivo non soltanto del danno in senso giuridico, ma anche della pura e semplice perdita economica collegata all’esecuzione del mandato, con conseguente riconoscimento del diritto dell’amministratore medesimo al rimborso delle spese sostenute nell’espletamento della carica gestoria. Deve, però, trattarsi di spese effettuate “a causa”, e non semplicemente “in occasione”, dell’incarico, ossia di spese: sostenute dall’amministratore in stretta dipendenza dall’adempimento dei propri obblighi, per l’espletamento di tutte le attività che la società mandante ha il potere di esigere; che rientrino nel rischio propriamente inerente allo svolgimento della funzione gestoria.

Le Sezioni Unite hanno, quindi, ritenuto legate all’esecuzione dell’incarico gestorio da un mero rapporto di occasionalità le spese legali affrontate dall’amministratore per sostenere la propria difesa in un processo penale, iniziato in relazione a fatti connessi all’incarico. Tale conclusione è stata reputata valida tanto nel caso in cui, all’esito del processo penale, l’amministratore venga condannato, quanto nel caso in cui il suddetto processo si concluda con il proscioglimento. Le spese di difesa legale rimangono, quindi, a carico dell’amministratore, senza che questi possa pretenderne il rimborso da parte della società.

Alla luce di tali indicazioni, il Tribunale di Torino sottolinea ora la necessità di distinguere tra due fattispecie: le anticipazioni fatte per conto della società e le spese sostenute dall’amministratore per conto proprio, ma collegate allo svolgimento dell’incarico.

L’anticipazione per conto della società è ammissibile a rimborso ex art. 1720 comma 1 c.c.; a tal fine è reputato irrilevante il fatto che la fattura (o il diverso documento fiscale) sia intestata direttamente alla società e pagata dall’amministratore oppure che sia intestata all’amministratore e dallo stesso pagata, purché sia adeguatamente provata l’inerenza all’oggetto sociale.

La spesa sostenuta per conto proprio, invece, è rimborsabile nei limiti tracciati dalle Sezioni Unite. In particolare, a fronte di una delibera di nomina che – come accadeva nel caso di specie – si limiti a fissare il compenso per la carica ricoperta senza nulla dire in ordine ad eventuali fringe benefit (qual è una diaria per il rimborso dei pasti), si afferma che le spese sostenute per le consumazioni nei pressi dei cantieri dell’impresa sono da ritenere fatte (solo) “in occasione” dell’incarico, e non “a causa” dello stesso. Queste, dunque, non spettano all’amministratore e costituiscono somme ripetibili, a titolo di danno, in favore della società.

Di contro, i rimborsi dei costi chilometrici sostenuti per seguire i cantieri, debitamente documentati e controllati, rientrano tra le spese fatte “a causa” dell’incarico e, quindi, sono legittimamente percepiti dagli amministratori.