Ultima valutazione nel modello REDDITI 2019 in merito al riporto agli esercizi successivi o alla trasformazione in crediti IRAP
Il prospetto per la determinazione dell’ACE contenuto nei modelli REDDITI 2019 non presenta novità particolari rispetto a quello delle dichiarazioni riferite alle annualità precedenti. Esso si struttura su due righi, dei quali il primo (RS113, riferendosi alle società di capitali) dedicato al calcolo del reddito detassato e alla gestione delle eccedenze e il secondo (RS115, sempre per le società di capitali), rubricato “Elementi conoscitivi”, finalizzato ad evidenziare quelle situazioni in cui la società ha effettuato operazioni “sensibili” (in genere infragruppo) per le quali si richiede in dichiarazione la disapplicazione della disciplina antielusiva in assenza di interpello (o con interpello negativo). Nella dichiarazione delle società di capitali è poi presente un terzo rigo (RS114) dedicato agli effetti dell’agevolazione sulle addizionali IRES.
Se si escludono le questioni riferite alla disciplina antielusiva, dal punto di vista normativo le novità sono poche. La prima, presumibilmente di scarso effetto, riguarda gli investimenti nei titoli di solidarietà (art. 77 del DLgs. 117/2017), i cui incrementi non vanno, al contrario degli incrementi delle consistenze degli altri titoli diversi dalle partecipazioni, a ridurre la base ACE.
La seconda novità, anch’essa non significativa, ma da tenere comunque a mente nei conteggi, riguarda il coefficiente di remunerazione: con riferimento ai soggetti con esercizio sociale coincidente con l’anno solare, infatti, il coefficiente da utilizzare per il 2018 è pari all’1,5%, in leggera discesa rispetto all’1,6% sperimentato per il 2017. Gli effetti in termini di riduzione del beneficio fiscale dovrebbero quindi risultare sostanzialmente limitati, in quanto la vera riduzione si è avuta tra il 2016 e il 2017, con il passaggio del coefficiente dal 4,75% all’1,6%.
La terza novità, questa invece da valutare in modo ponderato in sede di predisposizione della dichiarazione dei redditi, riguarda la soppressione dell’ACE, destinata ad essere sostituita dal 2019 dalla c.d. “mini-IRES” (agevolazione, a sua volta, riscritta dall’art. 2 del DL 34/2019, che opera a livello di imposta e non, come invece fa l’ACE, a livello di base imponibile). Nell’abrogare l’agevolazione, l’art. 1 comma 1080 della L. 145/2018 ha fatto salvo l’utilizzo delle eccedenze prodottesi sino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018: questo impone alcune valutazioni all’impresa che, non essendo in grado di sfruttare il beneficio per il 2018 per incapienza del reddito (o perché tout court in perdita fiscale), deve decidere quale sia la forma più vantaggiosa di gestione di tali eccedenze.
Un esempio può aiutare a comprendere la problematica. Se la società può vantare incrementi netti di patrimonio (indicati nel rigo RS113, colonna 6) per 2 milioni di euro, l’ACE (indicata nella colonna 7 e – in assenza di eccedenze riportate dal 2017 – nella colonna 12) ammonta a 30.000 euro. Nel momento in cui la società chiuda il 2018 in perdita fiscale, questo importo costituisce un’eccedenza che può essere, alternativamente:
– trasformata in credito IRAP (indicandone l’ammontare nella colonna 13);
– riportata agli esercizi successivi (indicandone l’ammontare nella colonna 14).
Secondo la prassi dell’Agenzia delle Entrate (circolare n. 21 del 3 giugno 2015, § 2), la scelta tra le due alternative avrebbe carattere irrevocabile e, pertanto, non sarebbe più possibile “tornare indietro”.
La prima strada (trasformazione in crediti IRAP) risulta tendenzialmente vantaggiosa per le società che presumono di realizzare dal 2019 in poi imponibili di basso ammontare, per cui conviene trasformare l’eccedenza ACE di 30.000 euro in un credito di 7.200 euro (il 24% dell’eccedenza), da utilizzare a riduzione del saldo e/o degli acconti IRAP; va in ogni caso tenuto conto che, per ciascun anno, è possibile utilizzare solo 1/5 di tale importo complessivo.
La strada del riporto delle eccedenze risulta, invece, più conveniente nel momento in cui la società preveda di realizzare redditi imponibili più congrui dal 2019 in avanti: in questo caso, infatti, dall’imponibile di tali periodi d’imposta dovrebbero essere scomputate le eccedenze ACE “fotografate” al 31 dicembre 2018 (si ritiene sino ad esaurimento, non essendovi limitazioni temporali nella norma di abrogazione dell’agevolazione). Così, se il reddito del 2019 fosse pari a 45.000 euro, l’eccedenza di 30.000 potrebbe andare a compensazione integrale, portando ad un reddito imponibile netto di 15.000 euro da assoggettare all’IRES.
Su questo scenario si prospetta, poi, l’effetto della c.d. “mini-IRES”: nell’attesa che il DM attuativo di quest’ultima agevolazione disciplini la fattispecie, è realistico ipotizzare che vi possa essere prima la riduzione dell’imponibile con le eccedenze ACE pregresse e poi, sull’imponibile netto (nell’esempio, 15.000 euro) la tassazione con le aliquote agevolate: ipotizzando, ad esempio, che gli accantonamenti a riserva del 2019 ammontino a 32.326 euro (il “contatore” degli accantonamenti riparte da zero nel passaggio da ACE a mini-IRES), tutto il reddito netto di 15.000 euro risulterebbe quindi assoggettato all’aliquota agevolata del 22,5% (prevista in via transitoria per il 2019).