La sanatoria potrebbe però essere una sorta di autodenuncia
Il 31 maggio 2019 scade il termine per il pagamento dei 200 euro per periodo d’imposta, pagamento che rappresenta uno dei requisiti per perfezionare la definizione delle violazioni formali, disciplinata dall’art. 9 del DL 119/2018.
Se le violazioni sono state commesse in diversi periodi d’imposta, è possibile rateizzare il pagamento, pagando in due momenti, il 31 maggio 2019 e il 2 marzo 2020.
La definizione presuppone anche la rimozione della violazione, e il termine per tale rimozione è il 2 marzo 2020, come previsto dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 15 marzo 2019 n. 62274.
Diverse, tuttavia, possono essere le ipotesi in cui non è chiaro se la violazione commessa possa essere sanata ai sensi dell’art. 9 del DL 119/2018.
Sicuramente, non possono essere definite le sanzioni sul quadro RW, in quanto così prevede la legge. Per le altre sanzioni, anche in ordine ad eventuali spunti difensivi, si rimanda al recente Quaderno Eutekne 147, in cui sono contenute varie tabelle su tutte le sanzioni presenti nell’ordinamento tributario, indicando, per ciascuna, la possibilità di definire nonchè i relativi rischi.
Qualche dubbio emerge per l’omesso reverse charge (per le irregolarità nel reverse charge, invece, la definizione è pacifica, essendo ammessa dal provvedimento direttoriale), l’omessa regolarizzazione del cessionario IVA o le comunicazioni finanziarie.
Nonostante si opti per la possibilità di definire le sanzioni indicate (l’art. 9 del DL 119/2018 utilizza una formula ampia, parlando non solo delle violazioni ma richiamando le “irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti, di natura formale, che non rilevano sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, dell’IVA e dell’IRAP e sul pagamento dei tributi”), comunque bisogna mettere in conto i rischi della definizione.
Se è pendente la lite, bisogna decidere se definire la lite o meno ai sensi dell’art. 6 del DL 119/2018, il cui termine, del pari, scade il 31 maggio 2019.
Di contro, se non c’è la lite occorre tenere in considerazione che, se non vi è alcuna istruttoria, la definizione, che come visto presuppone non solo il pagamento dei 200 euro ma anche la rimozione della violazione, rappresenta, nei fatti, un’autodenuncia.
Se l’Agenzia delle Entrate ritenesse la violazione non definibile, notificherebbe quasi sicuramente l’atto di contestazione della sanzione, e il contribuente dovrebbe per forza di cose ricorrere, salvo voglia optare per la definizione al terzo.
Invece, se c’è già l’istruttoria (quindi l’atto è stato notificato, potendo essere anche pendente la lite, o è stato notificato un questionario, o un invito a comparire), le valutazioni sono diverse.
Ove il contribuente abbia fondati motivi di merito da spendere, legati, per le più varie ragioni, all’inapplicabilità della sanzione (si pensi al caso in cui le Entrate contestino al cessionario di non aver regolarizzato il presunto errore della controparte sull’aliquota o sulla non imponibilità dell’operazione, nonostante da decenni la Cassazione affermi che il cessionario nè può nè deve sindacare le valutazioni giuridiche della controparte), può essere opportuno ricorrere, sollevando, in via preliminare, l’avvenuta estinzione della violazione ex art. 9 del DL 119/2018.
Se non ci sono fondati motivi di merito, il contribuente o si accolla il rischio di una eventuale soccombenza in giudizio (in pratica l’unico motivo di ricorso consisterebbe nell’estinzione della violazione per definizione) o valuta di avvalersi del ravvedimento operoso (se l’atto non è ancora stato notificato e se si ritiene operante detto istituto) o della definizione agevolata al terzo della sanzione.