La denunzia al Tribunale presenta, comunque, carattere “residuale”

Di Maurizio MEOLI

L’omessa rilevazione della perdita della continuità aziendale – ovvero della situazione di incapacità di generare un flusso di entrate e di uscite tale da rendere prevedibile il prosieguo dell’attività aziendale per almeno un anno – può costituire una grave irregolarità suscettibile di essere denunciata al Tribunale ex art. 2409 c.c. Ad affermarlo è un provvedimento del Tribunale di Venezia del 6 febbraio scorso.

Si ricorda, in primo luogo, come, ai sensi dell’art. 2409 c.c., se vi è fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possano arrecare danno alla società o a una o più società controllate, i soci che rappresentino il decimo del capitale sociale o, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il ventesimo del capitale sociale (lo statuto può prevedere percentuali minori di partecipazione), ovvero gli organi di controllo o il PM, possono denunziare i fatti al Tribunale con ricorso notificato anche alla società. Tale possibilità, dal 16 marzo scorso, grazie alle modifiche apportate dal DLgs. 14/2019 di riforma delle procedure della crisi d’impresa e dell’insolvenza, ha riacquisito piena operatività anche nel contesto delle srl.

La norma – precisa la decisione in commento – ha la finalità di consentire all’autorità giudiziaria il ripristino della legalità e della regolarità della gestione, senza potersi estendere a profili di opportunità e convenienza.

Oggetto di denuncia è, quindi, il fondato sospetto di gravi irregolarità degli amministratori in violazione dei loro doveri che siano “attuali” (e, quindi, se tale requisito è venuto meno, con ripristino della regolare gestione sociale non potrà procedersi ex art. 2409 c.c.; cfr. App. Milano 29 giugno 2012 e Trib. Parma 29 marzo 2013) e idonee a produrre un “danno” per la società (cfr. App. Torino 29 giugno 2012); è stato, peraltro, sottolineato come il pregiudizio per la società potrebbe anche essere non patrimoniale e sostanziarsi in un possibile turbamento dell’ordinato funzionamento dei meccanismi di gestione (così App. Torino 29 maggio 2007).

Dal requisito della potenzialità dannosa delle condotte, il Tribunale di Venezia desume che, in assenza di deduzioni circa un pregiudizio immediato e diretto per il patrimonio della società, risulta impossibile denunciare irregolarità informative, quali sono quelle configurabili nei bilanci d’esercizio; ciò ancorché possano costituire un fatto di rilevante gravità.

Inoltre, i giudici veneziani sottolineano l’esistenza di un ulteriore requisito per l’ammissibilità del procedimento ex art. 2409 c.c. ovvero quello della “residualità”. Di conseguenza, si ritiene che non possano assumere rilievo singoli atti illegittimi autonomamente impugnabili.

Si tratta di un’indicazione già fornita dal Tribunale di Novara del 21 maggio 2012 e ripresa dal Tribunale di Bologna del 20 giugno 2017, che ha escluso che lo strumento in questione possa costituire una tutela sovrapponibile o alternativa a quella che può essere ottenuta con l’impugnazione di delibera sia dell’assemblea dei soci (ex art. 2377 c.c. ) sia del CdA (ex art. 2388 comma 4 c.c. ); cosicché le eventuali irregolarità compiute in sede di assemblea o di cda vanno emendate, ricorrendone i presupposti di legge, con i rimedi specifici.

Una autonoma valutazione, peraltro, è riservata, nel caso di specie, alla denunciata omessa rilevazione della perdita del requisito della continuità aziendale.
Al riguardo si ricorda come, ai sensi dell’art. 2423-bis comma 1 n. 1 c.c., nella redazione di un bilancio, la valutazione delle diverse voci debba avvenire nella prospettiva della continuità aziendale.

Il concetto di perdita dei requisiti di continuità aziendale esprime la situazione, eventualmente rappresentata contabilmente, di crisi produttiva e finanziaria in cui si può venire a trovare l’impresa nel corso della sua attività. Ove una società non sia più in grado, mediante lo svolgimento della propria attività caratteristica, di generare un flusso di entrate ed uscite tale da rendere prevedibile, in un arco temporale di (almeno) 12 mesi, il prosieguo dell’attività aziendale, difetterà il requisito della continuità aziendale.
La pronuncia riecheggia, senza citarle, le indicazioni fornite al riguardo dal principio contabile OIC 11, dallo IAS 1 e dal Principio di revisione internazionale n. 570.

Amministratori e sindaci – prosegue, quindi, il provvedimento in esame – sono chiamati a svolgere regolari verifiche circa la relativa sussistenza e ciò non solo nel momento della preparazione del bilancio, ma anche in corso di esercizio qualora emerga un evento tale da far seriamente dubitare della permanenza del requisito della continuità aziendale (cfr. Trib. Milano 6 luglio 2016).

Pertanto, l’omessa rilevazione della perdita di continuità aziendale rileva non solo con riferimento alla tecnica di redazione del bilancio secondo criteri liquidatori, ma si pone anche come causa del verificarsi dei danni che il prosieguo dell’attività aziendale ha consentito e può integrare una violazione grave e produttiva di danno, valorizzabile ai sensi dell’art. 2409 c.c.