Con una circolare pubblicata ieri, Assonime ritiene che la detrazione IVA per gli identificati debba avvenire sulla base della e-fattura ricevuta

Di Emanuele GRECO

Aggiornando la propria precedente circolare in materia e pubblicando un nuovo documento (circolare n. 10/2019), Assonime è tornata ieri a commentare le più recenti novità in tema di “esterometro”, il cui primo adempimento deve essere eseguito entro il 30 aprile 2019.
Traendo spunto dalla risposta a interpello n. 85/2019 dell’Agenzia delle Entrate (senza, però, condividerne in toto il contenuto), Assonime evidenzia come i soli dati da comunicare, nel caso di acquisti di beni o servizi da soggetti esteri, siano quelli relativi alle “fatture ricevute (…) sottoposte a registrazione”.
In questi termini sono redatte, infatti, le specifiche tecniche di trasmissione dei dati (§ 4.1.3), allegate al provv. Agenzia delle Entrate n. 89757/2018.

In evidente difformità con le modalità operative per effettuare la comunicazione, la citata risposta dell’Agenzia delle Entrate è, invece, giunta alla conclusione che siano da esporre nell’esterometro anche i dati relativi alle prestazioni di servizi che i soggetti passivi italiani ricevono da operatori economici del Regno Unito rientranti nel regime delle piccole imprese, sprovvisti di partita IVA.
D’altra parte, una comunicazione di questo tipo non potrebbe essere pretesa, considerando che a livello normativo non sussiste un corrispondente obbligo di registrazione delle fatture passive in esame.
Le medesime argomentazioni proposte da Assonime dovrebbero, quindi, riguardare le operazioni territorialmente rilevanti ai fini IVA in un altro Stato Ue per le quali non sussistono obblighi di fatturazione e registrazione in capo al cessionario o committente nazionale (si veda “Fatture «fuori campo» dentro l’esterometro” del 21 marzo 2019).

Alcuni passaggi significativi della circolare Assonime n. 10/2019 riguardano la documentazione rilevante ai fini della detrazione dell’IVA da parte di soggetti non stabiliti ma identificati in Italia, per gli acquisti che essi effettuano da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato. Le operazioni nei confronti di coloro che non sono stabiliti in Italia ma solamente identificati ai fini IVA, difatti, potrebbero essere certificate mediante fattura elettronica transitata dal SdI (per scelta del cedente o prestatore nazionale) oppure mediante fattura analogica (ai sensi dell’art. 1 comma 3 del DLgs. 127/2015, in questa circostanza, la fattura elettronica non è obbligatoria).

L’Agenzia delle Entrate, nella risposta a interpello n. 67/2019, ha affermato che per il soggetto non residente e non stabilito – munito di identificazione IVA in Italia o di rappresentante fiscale – la detrazione IVA è possibile avvalendosi delle sole fatture cartacee ricevute.

La questione messa in luce da Assonime concerne i costi amministrativi che, nella situazione descritta, gravano sulle imprese fornitrici. Infatti, laddove i soggetti non stabiliti ma identificati richiedano copia cartacea della fattura (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 13/2018), il cedente o prestatore dovrà impegnarsi ad attestarne la conformità all’originale ai sensi dell’art. 23 del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD).

Secondo Assonime si dovrebbe giungere a una soluzione diversa da quella descritta nella risposta n. 67/2019, ossia si dovrebbe riconoscere che la fattura elettronica emessa dal fornitore è il documento rilevante ai fini della detrazione IVA in capo al cessionario o committente “identificato”. Al fine del computo dei termini per la detraibilità dell’imposta, rileverebbe la data di presa visione nell’area riservata del sito web dell’Agenzia delle Entrate ove la e-fattura è stata recapitata.

La soluzione proposta da Assonime, in ordine alla detraibilità dell’IVA dei soggetti identificati in Italia, avrebbe la sua conferma nel fatto che è espressamente disciplinata, nel provv. Agenzia delle Entrate n. 89757/2018, la procedura di fatturazione elettronica nei confronti dei soggetti in argomento. Essa consiste nel riportare nel file XML il numero di partita IVA italiano del soggetto non residente, inserendo il valore predefinito “0000000” nel campo “codice destinatario” della e-fattura, salvo che il cessionario o committente non gli comunichi il proprio indirizzo telematico (PEC o codice destinatario).