Il professionista o CAF non è più tenuto a corrispondere la maggiore imposta, che rimane sempre in capo al contribuente
In caso di rilascio del visto di conformità infedele sui modelli 730, il professionista e il responsabile del CAF non sono più tenuti al pagamento di una somma pari all’importo dell’imposta e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente ai sensi dell’art. 36-ter del DPR 600/73 (controllo formale delle dichiarazioni), anche qualora l’errore non sia imputabile a dolo o colpa grave del contribuente.
È questa l’importante novità introdotta in sede di conversione in legge del DL 28 gennaio 2019 n. 4 su reddito di cittadinanza e pensioni, con la quale viene eliminata la principale (e contestata) disposizione che era stata prevista dal DLgs. 175/2014 a seguito dell’introduzione della dichiarazione precompilata.
Come evidenziato da Gilberto Gelosa, Consigliere nazionale dei commercialisti delegato alla fiscalità, in un un comunicato stampa diffuso ieri dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, “è stato finalmente rivisto il regime sanzionatorio a carico di professionisti e CAF nei casi di visto di conformità infedele sui modelli 730, di cui il Consiglio nazionale dei commercialisti aveva prontamente denunciato la palese incostituzionalità, sin dalla sua approvazione”, accogliendo la proposta formulata sul punto dal Consiglio stesso; si tratta, prosegue Gelosa, “di un risultato importante, per il quale esprimiamo soddisfazione”.
Con l’art. 7-bis del DL 4/2019, convertito in legge lo scorso 27 marzo, viene infatti modificato l’art. 39 comma 1 del DLgs. 241/97, contenente le sanzioni in materia di rilascio infedele del visto di conformità.
In relazione alle dichiarazioni diverse dai modelli 730, cioè in relazione ai modelli REDDITI, IVA, IRAP e 770, è confermato che l’infedele rilascio del visto di conformità comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa da 258 a 2.582 euro.
Le novità riguardano invece i visti infedeli rilasciati sui modelli 730 che, in base alla nuova disposizione, determinano il pagamento, in capo al professionista o CAF, di una somma pari al 30% della maggiore imposta riscontrata, sempre che il visto infedele non sia stato indotto dalla condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente, e non più anche dell’imposta stessa e dei relativi interessi.
La responsabilità per le imposte “risparmiate” per effetto dell’errore commesso nel rilascio del visto di conformità sul modello 730, nonché dei relativi interessi, rimane quindi sempre in capo al contribuente.
Al di fuori dei suddetti casi di dolo o colpa grave del contribuente, il professionista o il CAF poteva evitare la responsabilità relativa all’imposta e agli interessi se:
– trasmetteva una dichiarazione rettificativa del contribuente;
– ovvero, se il contribuente non intendeva presentare la nuova dichiarazione, trasmetteva una comunicazione dei dati relativi alla rettifica, il cui contenuto era definito con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.
In tali casi, infatti:
– il versamento della maggiore imposta dovuta e dei relativi interessi ricadeva sul contribuente;
– la somma dovuta dal professionista o CAF era pari all’importo della sola sanzione, riducibile per effetto del ravvedimento operoso.
L’applicabilità del ravvedimento operoso è confermata dalla nuova disciplina; prima della formale contestazione dell’infedeltà del visto da parte dell’Agenzia delle Entrate, la trasmissione a quest’ultima di una comunicazione dei dati relativi alla rettifica della dichiarazione consente di beneficiare della riduzione della somma da pagare, pari al 30% della maggiore imposta riscontrata, sulla base degli “abbattimenti” previsti dall’art. 13 del DLgs. 472/97, quindi ad un nono, un ottavo, un settimo o un sesto, a seconda del momento in cui viene effettuata la regolarizzazione.
La nuova disciplina prevede inoltre che alle sanzioni in materia di visto di conformità infedele non si applichi la maggiorazione di cui all’art. 7, comma 3, del DLgs. 472/97, secondo cui la sanzione è aumentata fino alla metà nei confronti di chi, nei tre anni precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole non definita attraverso gli ordinari istituti deflativi del contenzioso.
Resta fermo che la violazione di visto infedele è punibile a condizione che non trovi applicazione la disciplina in materia di importo minimo iscrivibile a ruolo, pari ora a 30 euro con riferimento ad ogni periodo d’imposta, come stabilito dall’art. 3, comma 10, del DL 16/2012 (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 34/2015, § 2).
Con l’art. 7-bis del DL 4/2019 convertito è stato altresì modificato l’art. 5 comma 3 del DLgs. 175/2014, stabilendo che il pagamento delle maggiori imposte e degli interessi resta a carico del contribuente che ha presentato il modello 730, anche se il controllo formale della dichiarazione è effettuato nei confronti del professionista o del CAF.