Anche se l’alienazione avviene entro cinque anni dall’acquisto, non si realizza la decadenza, a prescindere dall’ulteriore acquisto entro un anno
La vendita dell’immobile acquistato con l’agevolazione “prima casa” prima del decorso di cinque anni dall’acquisto, in esecuzione degli accordi di separazione consensuale intercorsi tra i coniugi, non determina la decadenza dall’agevolazione prima casa neppure se l’immobile viene acquistato da un terzo, diverso dai coniugi o dai figli di questi. Lo precisa la Cassazione, nell’ordinanza n. 7966, depositata ieri.
Secondo la Suprema Corte, l’esclusione della decadenza, in tal caso, non deriva dall’integrazione di un’ipotesi di forza maggiore, bensì dall’operatività in senso esteso dell’art. 19 della L. 74/1987.
Si ricorda, infatti, che la citata norma prevede una generale esenzione da imposta di bollo, registro e da ogni altra tassa, per tutti gli “atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio” ed, a seguito della statuizione della Corte Costituzionale n. 154/1999, anche del procedimento di separazione personale dei coniugi.
La ratio della norma – spiegano i giudici di legittimità – è senza dubbio quella di agevolare la sistemazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi a seguito della separazione o del divorzio. Contrasterebbe palesemente con tale ratio recuperare le maggiori imposte derivanti dalla decadenza dell’agevolazione prima casa, in capo ai coniugi che, a seguito della separazione, alienino l’immobile acquistato a suo tempo con il beneficio prima casa: ciò significherebbe, sostanzialmente, “imporre una nuova imposta su di un trasferimento immobiliare avvenuto in esecuzione dell’accordo tra i coniugi e, pertanto, andare palesemente in senso contrario alla ratio della disposizione”.
Sulla base di tali considerazioni, la giurisprudenza di legittimità ha già escluso la decadenza dal beneficio prima casa ove l’alienazione infraquinquennale avvenga, in esecuzione dell’accordo di separazione, a favore di uno dei coniugi (Cass. n. 8104/2017; Cass. n. 13340/2016; Cass. n. 5156/2016).
Tuttavia, spiega la Cassazione, la norma esentativa non distingue in alcun modo tra atti eseguiti all’interno della famiglia ed atti eseguiti nei confronti di terzi ed il principio enunciato dalle sentenze sopra citate, con riferimento al trasferimento all’interno del nucleo familiare, è di portata assolutamente generale, sicché deve estendersi anche all’ipotesi in cui i coniugi abbiano stabilito, nel corso degli accordi conseguenti alla separazione, di trasferire l’immobile acquistato con le agevolazioni prima casa ad un soggetto terzo.
Peraltro, ribadisce, ancora, la Suprema Corte, l’atto stipulato dai coniugi in sede di separazione personale o di divorzio, comportante la vendita a terzi di un immobile in comproprietà e la successiva divisione del ricavato, pur non facendo parte delle condizioni essenziali di separazione, rientra sicuramente nella negoziazione globale dei rapporti tra i coniugi ed è, pertanto, meritevole di tutela, trovando la propria causa “nello spirito di sistemazione, in occasione dell’evento di separazione consensuale, dei rapporti patrimoniali dei coniugi sia pure maturati nel corso della convivenza matrimoniale” (Cass. n. 16909/2015).
Così, la Corte contesta apertamente quanto affermato, invece, dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 27/2012, § 2.2, ove si sosteneva che “in relazione all’atto di trasferimento dell’immobile a terzi non trovi applicazione il regime di esenzione previsto dall’articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, (in quanto il contratto di compravendita non trova la propria causa nel procedimento di separazione e divorzio)“.