Il trasferimento delle informazioni non deve portare all’inserimento negli atti di riferimenti che possano disvelare l’identità del segnalante

Di Giovanni BARBATO

La disciplina antiriciclaggio ha sempre avuto stretti legami con il comparto fiscale, ma il DLgs. 90/2017 rafforza ulteriormente le possibilità di condivisione dei dati nell’ambito dei controlli operati dalla Guardia di Finanza.

Infatti la costante interferenza tra i fenomeni di evasione fiscale e il riciclaggio di denaro di provenienza illecita ha portato nel tempo il legislatore a rafforzare i presupposti fondanti la condivisione di elementi probatori da un ambito operativo all’altro, in un’ottica di economia procedimentale, tenuto conto dei più recenti standard internazionali in materia.

In questo ambito, proprio la circolare n. 1/2018 della GdF rimarca come nel processo di selezione dei soggetti da sottoporre ad ispezione fiscale e nell’ottica di valorizzare gli elementi informativi ottenuti nel quadro di ogni genere di attività di servizio, deve essere riservata una particolare attenzione a quelli derivanti:
– dal patrimonio informativo contenuto nelle segnalazioni di operazioni sospette inoltrate dagli intermediari finanziari, dai professionisti e dagli operatori non finanziari;
– dalle comunicazioni delle infrazioni che i soggetti obbligati devono inviare ex art. 51 del DLgs. 231/2007 anche alla GdF quando hanno notizia di infrazioni alle disposizioni che limitano l’uso del denaro contante e dei titoli al portatore;
– dall’esecuzione delle ispezioni/controlli antiriciclaggio ed antiterrorismo di cui all’art. 9 del decreto antiriciclaggio;
– dall’esecuzione dei controlli in materia di circolazione transfrontaliera di valuta;
– dalle segnalazioni di dati, elementi e notizie suscettibili di sviluppi fiscali, che devono essere obbligatoriamente inoltrate al competente reparto del corpo, da parte di tutti gli altri organi ed enti incaricati, in genere, di funzioni ispettive e di vigilanza, ai sensi dell’art. 36 del DPR 600/1973.

All’uopo si evidenzia come l’ultimo comma dell’art. 9 del DLgs. 231/2007 disponga che i dati e le informazioni acquisiti nell’ambito delle attività ispettive siano oggi direttamente utilizzabili ai fini fiscali, secondo le disposizioni vigenti.
Come chiarito dalla GdF nella circolare n. 210557/2017 tale disposizione è connotata da un maggiore perimetro applicativo rispetto a quanto disciplinato dal previgente art. 36 comma 6, che limitava l’utilizzabilità in campo tributario alle sole informazioni registrate dai soggetti obbligati, contenute, cioè, nell’archivio unico informatico, nel registro della clientela ovvero nei sistemi informatici tenuti ai fini antiriciclaggio, ampliando sensibilmente l’ambito oggettivo delle evidenze che si prestano ad un’utilizzazione fiscale diretta, includendovi tutte le informazioni acquisite nel contesto delle “attività svolte” ai fini antiriciclaggio.

Ne deriva che tutti i dati acquisibili dalla GdF nello sviluppo di segnalazioni di operazioni sospette o nei controlli antiriciclaggio, ivi compresi quelli ritraibili nei fascicoli dei clienti e non solo quelli registrati, potranno essere utilizzati in via diretta ai fini fiscali.

Sul punto, nella circolare n. 1/2018 viene osservato che la previsione della diretta utilizzabilità ai fini fiscali delle informazioni acquisite nell’ambito delle attività sopra richiamate appare, almeno in astratto, suscettibile di assicurare una piena e immediata interazione tra il procedimento antiriciclaggio e quello amministrativo tributario, in via non del tutto dissimile da quanto previsto, in base agli artt. 63 del DPR 633/1972 e 33 del DPR 600/1973, con riferimento alla relazione che intercorre tra il procedimento penale e l’accertamento fiscale.

La GdF richiama altresì l’attenzione sulla necessità che il trasferimento negli atti delle ispezioni fiscali dei dati e delle notizie acquisiti a seguito di ispezioni antiriciclaggio avvenga soltanto e tassativamente a conclusione di tutte le attività che i reparti sono tenuti a eseguire al fine della verifica del corretto assolvimento, da parte dei soggetti obbligati, degli adempimenti previsti dal DLgs. 231/2007, sempreché le informazioni medesime non siano confluite in un procedimento penale, poiché, in tale ultima evenienza, il loro utilizzo ai fini fiscali è soggetto alla diversa disciplina prevista dai richiamati artt. 63 del DPR 633/1972 e 33 del DPR 600/1973.

Inoltre, viene sottolineata la necessità che il trasferimento negli atti delle ispezioni fiscali dei dati e delle notizie acquisiti a seguito di approfondimenti investigativi di segnalazioni di operazioni sospette:
– nel rispetto del divieto di comunicazione di cui all’art. 39, comma 1 del DLgs. 231/2007, si concretizzi esclusivamente a seguito dell’avvenuto e definitivo completamento delle procedure di controllo;
– in nessun caso determini l’inserimento in qualunque atto del controllo o della verifica fiscale, compresi quelli redatti in fase di programmazione o preparatoria dell’intervento ispettivo, di ogni tipo di riferimento che, anche in via indiretta, possa disvelare l’identità del segnalante.