L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto inapplicabile il termine di 6 mesi dopo il decesso del professionista
Gli eredi del professionista possono mantenere aperta la partita IVA del de cuius anche oltre il termine di sei mesi stabilito dall’art. 35-bis del DPR 633/72, se ciò è necessario per emettere le fatture relative ai compensi professionali non ancora incassati.
Il principio è stato riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 34, pubblicata ieri, 11 marzo 2019.
La presa di posizione fa seguito al pronunciamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 8059/2016, hanno riconosciuto l’imponibilità ai fini IVA dei compensi professionali percepiti successivamente alla cessione dell’attività (id est, la morte del professionista) e, dunque, l’obbligo per gli eredi di mantenere aperta la partita IVA del defunto al fine di emettere la fattura per i compensi non ancora incassati.
L’art. 6 comma 3 del DPR 633/72 stabilisce che le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo (sempreché non sia emessa fattura prima di tale momento).
Secondo le Sezioni Unite, l’art. 6 comma 3 del DPR 633/72 dev’essere “letto, nel senso che, per le prestazioni di servizio, il presupposto impositivo e, con esso, l’insorgenza dell’imponibilità a fini IVA, si verificano, non con l’esecuzione della prestazione, bensì, successivamente, con il pagamento del corrispettivo correlativamente pattuito”.
Quanto statuito dalla Cassazione trovava un limite nell’art. 35-bis del DPR 633/72 che impone agli eredi di eseguire gli adempimenti IVA (e, in particolare, la fatturazione), al più tardi, entro sei mesi dalla data della morte del contribuente.
Se è vero che le indicazioni contenute nella risoluzione pubblicata ieri eccedono il disposto normativo relativo agli adempimenti degli eredi, è altresì vero che tali indicazioni devono essere accolte positivamente.
Il termine di sei mesi fissato dell’art. 35-bis del DPR 633/72 mal si conciliava con l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità, una volta acclarato che la fattura è dovuta anche per le prestazioni il cui corrispettivo non è stato pagato prima del decesso del professionista.
In primis, la risoluzione riconosce la possibilità di emettere la fattura oltre i sei mesi di cui all’art. 35-bis del DPR 633/72 per le operazioni ad esigibilità differita, vale a dire quelle cessioni o prestazioni la cui esigibilità dell’IVA si manifesta al momento del pagamento del corrispettivo (seppure l’operazione sia da considerarsi già effettuata).
Nella fattispecie oggetto della risoluzione, inoltre, ci si interrogava sulle modalità di assolvimento dell’IVA considerato che la P.A. committente non aveva ancora concesso l’autorizzazione ad emettere la fattura.
Viene, quindi, consentita agli eredi l’emissione della fattura anche oltre il termine semestrale stabilito dalla legge per gli adempimenti IVA, in corrispondenza con il momento di effettuazione (art. 21 comma 4 del DPR 633/72, nella formulazione ad oggi vigente) che, per le prestazioni di servizi, è il momento in cui è pagato il corrispettivo per effetto del richiamato art. 6 comma 3 del DPR 633/72.
Infine, la risoluzione riconosce l’applicabilità integrale del DPR 633/72 anche agli eredi del professionista ai sensi dell’art. 35 comma 2 del DPR 633/72 (letteralmente riferito agli “eredi dell’imprenditore”).
Di conseguenza, gli eredi del professionista potranno anticipare la fatturazione delle prestazioni rese dal de cuius, al fine di chiudere la partita IVA, salvo, in tale evenienza, computare nell’ultima dichiarazione annuale IVA anche le operazioni ad esigibilità differita per le quali l’esigibilità stessa non si sia ancora verificata (art. 35 comma 4 del DPR 633/72).