Le permanenti incertezze sulla causa ostativa condizionano l’utilizzo del regime nel 2019
A decorrere dal 2019, il regime forfetario è precluso a coloro che, contestualmente all’attività in forma individuale, controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazioni, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa arti o professioni (art. 1 comma 57 lett. d) della L. 190/2014). La simultaneità delle due condizioni va verificata nell’anno antecedente l’ingresso nel nuovo regime.
La disposizione, in assenza di posizioni ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate, presenta dubbi interpretativi nonostante molti contribuenti abbiano già deciso di applicare o meno il regime forfetario per l’anno 2019. L’indicazione del MEF (contenuto nella risposta all’interrogazione parlamentare del 23 gennaio 2019 n. 5-01274), secondo cui “la norma intende evitare artificiose frammentazioni delle attività allo scopo di beneficiare di una tassazione più favorevole”, non risolve i contrasti interpretativi.
In assenza di riferimenti normativi espliciti, la nozione di controllo societario potrebbe essere desunta dall’art. 2359 del codice civile. In particolare, la norma definisce tre tipi di controllo:
– il controllo di diritto, quando una società (controllante) dispone della maggioranza di voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di un’altra società (controllata) ed, a tal fine, si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persone interposte;
– il controllo di fatto, quando la controllante dispone di sufficienti voti per esercitare un’influenza dominante nelle delibere assembleari;
– il controllo contrattuale, possibile anche in assenza di possesso di quote, che si configura in presenza di particolari vincoli contrattuali.
L’art. 2359 c.c. trova la sua ratio in tema di controllo delle società per azioni, con conseguente differenza di applicazione al caso di specie. Proprio per la diversità degli ambiti di operatività, l’applicazione dell’articolo citato alla causa di esclusione del regime forfetario pone una serie di questioni su cui si attendono posizioni ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Se la preclusione dal regime in caso di controllo di diritto (51% delle quote) non presenta dubbi, maggiormente problematiche sono le situazioni caratterizzate da un controllo di fatto. La mancata indicazione di quali siano le situazioni di fatto in cui si esercita il controllo, ai fini dell’applicazione del regime forfetario, risulta incomprensibile dato che in altre disposizioni tributarie tale interpretazione esiste.
A tal proposito, una questione riguarda l’eventuale rilevanza delle partecipazioni detenute dai familiari del potenziale “forfetario”. Si pone l’attenzione alla situazione in cui un professionista detenga una quota di minoranza di una srl (con attività indirettamente riconducibile a quella svolta in forma individuale), i cui restanti soci sono, in parti uguali, i suoi tre figli. Laddove, ai fini del controllo, dovessero assumersi anche le partecipazioni dei familiari, nell’esemplificazione, sarebbe precluso l’accesso al regime.
Un’ulteriore problematica circa la verifica del requisito del controllo societario ai fini dell’ingresso nel regime agevolato si potrebbe determinare in caso di applicazione dell’art. 2468 c.c. secondo cui, in tema di quote di partecipazione in srl, l’atto costitutivo può prevedere l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili. In sostanza, con l’utilizzo dell’art. 2468 c.c., si potrebbe mantenere il controllo della società con il possesso di partecipazioni societarie minoritarie ed in assenza di vincoli di natura contrattuale tra socio e società. Nella pratica, tuttavia, sarebbe difficile la verifica di tali situazioni, le quali potrebbero evincersi solo da un’attenta lettura dell’atto costitutivo e dello statuto della società.
Insieme al controllo va valutata, inoltre, la riconducibilità dell’attività economica esercitata dalla società a quella svolta dal soggetto. Quest’ultima condizione presenta ulteriori criticità dato che non è chiaro se si riferisca all’attività esercitata o a quella potenzialmente esercitabile.
Risulta evidente che la presenza di tale causa ostativa costituisca un forte disincentivo all’aggregazione professionale.
Un’interpretazione ufficiale prima della fine del 2018 sarebbe stata accolta con favore in quanto avrebbe evitato possibili conseguenze sanzionatorie per tutti coloro che hanno aderito al regime forfetario nel 2019 e che oggi potrebbero vedersi negato l’accesso. Chi si trovasse in una situazione del genere potrebbe sicuramente chiedere l’applicazione dell’art. 10 comma 3 dello Statuto del contribuente il quale prevede la non applicazione delle sanzioni quando le violazioni dipendono da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria.