La disposizione, che cancella l’adempimento previsto dal 1° gennaio 2019, è contenuta nel decreto semplificazioni approvato ieri dal CdM
Con il Consiglio dei Ministri di ieri si è definitivamente conclusa con un’abrogazione l’annosa questione del libro unico del lavoro telematico. Infatti, con l’approvazione del decreto legge recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la Pubblica Amministrazione, trova attuazione l’art. 3, riferito alle misure di semplificazione in materie di imprese e lavoro, con cui si prevede la completa abrogazionedell’art. 15 del DLgs. 151/2015.
Tale disposizione, contenuta nel Capo II, relativo agli interventi di razionalizzazione e semplificazione in materia di costituzione e gestione del rapporto di lavoro, aveva previsto che il libro unico del lavoro potesse essere tenuto in modalità telematica presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Con decreto del medesimo Ministero, da emanare entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del DLgs. 151/2015, dovevano essere stabilite le modalità tecniche e organizzative per l’interoperabilità, la tenuta, l’aggiornamento e la conservazione dei dati contenuti nel libro unico del lavoro.
Tale fondamentale documento, disciplinato dall’art. 39 del DL 112/2008, ha sostituitocompletamente i libri matricola e paga che, in modalità cartacea, venivano utilizzati per la gestione dei rapporti di lavoro, sotto il profilo organico e retributivo.
Alla sua introduzione nel 2008, il libro unico ha rappresentato, per certi versi, una rivoluzione, inglobando in un unico documento, in linea generale, dati retributivi, contributivi e fiscali, afferenti il personale dipendente, nonché la relativa parte presenze. Secondo il comma 1 dell’art. 39 del DL 112/2008, il datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, deve istituire e tenere il libro unico del lavoro nel quale sono iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. Per ciascun lavoratore devono essere indicati il nome e cognome, il codice fiscale e, ove ricorrano, la qualifica e il livello, la retribuzione base, l’anzianità di servizio, nonché le relative posizioni assicurative.
Il successivo comma 2 prevede che debba essere effettuata ogni annotazione relativa a dazioni in danaro o in natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro, compresi le somme a titolo di rimborso spese, le trattenute a qualsiasi titolo effettuate, le detrazioni fiscali, i dati relativi agli assegni per il nucleo familiare, le prestazioni ricevute da enti e istituti previdenziali.
Inoltre, come detto, il libro unico del lavoro deve, altresì, contenere un calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato, nonché l’indicazione delle ore di straordinario, delle eventuali assenze dal lavoro, anche non retribuite, delle ferie e dei riposi. Il tutto deve avvenire per ciascun mese di riferimento, entro la fine del mese successivo.
In tal senso, in un’ottica di semplificazione, il legislatore del “Jobs Act” ritenne di dover sfruttare le potenzialità derivanti dall’informatizzazione dei sistemi, prevedendo che il libro unico del lavoro, fino a quel momento prevalentemente in formato cartaceo, potesse essere smaterializzato, acquisendo la natura di documento telematico.
Tuttavia, la soluzione si rivelò fin da subito difficile da percorrere. In assenza del decreto attuativo previsto al comma 2 dell’art. 15 del DLgs. 151/2015, non era, infatti, chiaro se, come era logico attendersi in un’ottica di semplificazione, il documento dovesse essere effettivamente smaterializzato e successivamente trasmesso in modalità telematica al Ministero del Lavoro, ovvero si dovesse prevedere esclusivamente una sua pubblicizzazione su canali telematici, mantenendo inalterate le precedenti modalità di tenuta.
Indubbiamente, in un’ottica di reale semplificazione, l’idea di un libro unico telematico, proprio per la ricchezza e complessità di dati in esso contenuti, poteva essere il preludio per una completa revisione dei flussi telematici che oggi le aziende trasmettono in relazione al proprio personale dipendente e non, riunendo in un unico invio, dati che, di fatto, spesso e volentieri, vengono duplicati. Basti pensare a quanto trasmesso, ad esempio, nei flussi UniEmens inviati all’INPS.
Ad ogni buon conto, l’effettiva decorrenza di tale adempimento, inizialmente fissata per il 1° gennaio 2017, è stata spostata in avanti per ben due volte – di un anno, con il DL 244/2016 e, successivamente, di un altro anno ancora, al 1° gennaio 2019, con la L. 205/2017 (legge di bilancio 2018) – prima della sua, verosimilmente definitiva, abrogazione. Con buona pace della semplificazione e delle prospettive di innovazione, legate all’informatizzazione.