Gli OSS non sono assimilabili ai soggetti che esercitano professioni sanitarie
Le prestazioni rese dagli operatori socio sanitari (OSS) sono imponibili IVA, non integrando il requisito soggettivo per l’applicazione del regime di esenzione di cui all’art. 10 n. 18 del DPR 633/72. È quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 90pubblicata ieri.
L’art. 10 n. 18 citato subordina l’applicazione del regime di esenzione IVA al ricorrere di requisiti sia oggettivi che soggettivi. Sotto il primo profilo, l’esenzione si applica alle prestazioni sanitarie di diagnosi, cura o riabilitazione, rese alla persona.
Sotto il secondo profilo, è necessario che tali prestazioni siano rese nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie (RD 27 luglio 1934 n. 1265) ovvero individuate con decreto ministeriale (DM 17 maggio 2002), senza che abbia rilievo la forma giuridica assunta dal prestatore.
La previsione trova fondamento nella normativa comunitaria, la quale, nel prevedere il regime di esenzione IVA per le prestazioni rese nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche (art. 132 lett. c) della direttiva 2006/112/CE), lascia agli Stati membri la definizione delle professioni in argomento.
In base alla normativa nazionale, dunque, rientrano nell’ambito soggettivo dell’esenzione:
– l’esercizio della medicina e chirurgia, della farmacia e delle professioni sanitarie ausiliarie di levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata (art. 99 del RD 1265/34);
– l’esercizio della professione di biologo, psicologo, ovvero di odontoiatra ex L. 409/85, nonché gli operatori abilitati all’esercizio delle professioni elencate nel DM 29 marzo 2001 che eseguono una prestazione sanitaria prevista dai decreti ministeriali di individuazione dei rispettivi profili (DM 17 maggio 2002).
A parere della società interpellante, l’ambito di applicazione dell’art. 10 comma 1 n. 18 del DPR 633/72 potrebbe considerarsi esteso anche alle prestazioni sanitarie rese da operatori socio sanitari poiché, per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 5 comma 1 del L. 3/2018, tali soggetti sono stati abilitati a svolgere mansioni più specialistiche, precedentemente escluse dal novero delle loro competenze.
Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate, sulla base del parere ottenuto dal Ministero della Salute, esclude tale soluzione, chiarendo che l’OSS continua ad essere identificato come un operatore d’interesse sanitario ai sensi dell’art. 1 comma 2 della L. 43/2006, il quale si caratterizza per essere sprovvisto delle caratteristiche della professione sanitaria in senso proprio, per la mancanza di autonomia professionale, con funzioni accessorie e strumentali, e per una formazione di livello inferiore. Si evidenzia, inoltre, che per gli OSS non è prevista l’iscrizione a uno specifico Albo professionale.
Considerato, dunque, che la qualifica di operatore socio sanitario è conseguita al termine di un percorso di formazione professionale regionale, e che l’attività svolta è indirizzata a soddisfare i bisogni primari della persona in un contesto sia sociale che sanitario, gli OSS non possono essere assimilati ai soggetti che operano nell’ambito delle professioni sanitarie di cui all’art. 1 comma 1 della L. 43/2006, per le quali è invece previsto il conseguimento di un’abilitazione all’esito di un corso triennale universitario.
Ne consegue che, anche a seguito delle novità introdotte dalla L. 3/2018, il regime di esenzione IVA non può considerarsi applicabile alle prestazioni rese dagli operatori socio sanitari.