Ancora aperto il dibattito sulla necessità del dolo o della colpa in relazione alla preclusione probatoria
Non è ipotesi infrequente che, nel corso di una verifica fiscale, il contribuente non sia in grado di produrre la documentazione oggetto di richiesta degli accertatori e che, nella successiva sede contenzione, l’Amministrazione finanziaria eccepisca l’inutilizzabilità di un documento sulla base di quanto disposto dagli artt. 32 comma 5 del DPR 600/73 e 52comma 5 del DPR n. 633/72.
La questione è problematica in quanto non si è ancora formato, in giurisprudenza, un orientamento univoco in relazione all’elemento psicologico necessario per rendere operativa la preclusione probatoria nella c.d. sterilizzazione dei documenti (si veda, per un approfondimento generale, la Scheda di aggiornamento di ottobre 2018).
Nello specifico, nel silenzio del legislatore, la Corte di Cassazione si è più volte interrogata sulla rilevanza del dolo o della colpa che dovrebbe sorreggere il comportamento del contribuente che, nel corso della verifica fiscale, si rifiuti di esibire o affermi, contrariamente al vero, di non possedere notizie, dati, documenti, libri e registri specificatamente richiesti dagli accertatori.
Va rammentato, in via preliminare, che l’onere, in giudizio, di provare la non volontarietà della mancata esibizione spetta al contribuente (Cass. 28 gennaio 2002 n. 1030 e Cass. 19 aprile 2006 n. 9127).
Ciò posto, un buon punto di partenza può essere considerato quanto sostenuto dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 45 del 25 febbraio 2000. In particolare, i giudici di legittimità, nell’affermare la necessità del dolo in occasione del rifiuto, sottolineavano come la non veridicità della dichiarazione del contribuente possa essere evincibile da meri indizi. Ne conseguiva che l’inutilizzabilità non poteva verificarsi ove il rifiuto fosse dovuto a causa di forza maggiore, caso fortuito (ad esempio, in caso di documentazione rubata, oppure smarrita a causa di una calamità naturale e successivamente ritrovata), o a colpa.
L’orientamento appena richiamato ha avuto seguito (Cass. 2 dicembre 2015 n. 24503, Cass. 11 aprile 2014 n. 8539, Cass. 8 marzo 2017 n. 5914), senza però che si sia assistito ad un vero e proprio consolidamento, riscontrandosi, ancora di recente, diverse pronunce che attribuivano rilevanza a condotte colpose.
In conseguenza a ciò, tali pronunce affermano che la preclusione probatoria operi anche in caso di errore non scusabile, di diritto o di fatto e, analogamente, a dimenticanze, disattenzioni o carenze amministrative, elementi anch’essi riconducibili al concetto di colpa (Cass. 12 aprile 2017 n. 9487, Cass. 14 ottobre 2009 n. 21768, Cass. 26 marzo 2009, n. 7269). Pertanto, in base a tale impostazione, particolarmente sfavorevole per il contribuente, non occorre che la mancata esibizione sia stata volontariamente causata.
Occorre, inoltre, tenere a mente che la sanzione della sterilizzazione dei documenti scatta, ed è assolutamente pacifico in giurisprudenza, solamente se è stata preceduta da una specifica richiesta degli agenti accertatori, non potendo costituire “rifiuto” la mancata esibizione di un qualcosa che non venga richiesto (Cass. 14 ottobre 2009, n. 21768; Cass. 19 aprile 2006, n. 9127).
Bisogna, infine, constatare che le più recenti pronunce sembrano propendere per soluzioni di maggior tutela del diritto di difesa del contribuente. Ad esempio, la pronuncia della Cassazione del 22 giugno 2018 n. 16548 applica quanto previsto dall’art. 6 comma 4 della L. 212/2000, affermando che sono utilizzabili e non possono essere richiesti al contribuente i documenti già in possesso degli uffici finanziari. In tale prospettiva, anche l’art. 7 comma 1 lett. f) del DL 70/2011, secondo cui i contribuenti non devono fornire informazioni che siano già in possesso del Fisco e degli enti previdenziali ovvero che da questi possono essere direttamente acquisite da altre Amministrazioni, può essere utilizzato quale parametro di riferimento.
In conclusione, anche alla luce degli ultimi contributi giurisprudenziali, la soluzione più auspicabile parrebbe quella di un nuovo intervento da parte delle Sezioni Unite.