La responsabilità sussiste anche nel caso in cui vi sia una colpa per omessa vigilanza sull’intermediario
Con la sentenza n. 28359, depositata ieri, la Corte di Cassazione ritorna sul tema delle cause di non punibilità, stabilendo che l’esimente contenuta nell’art. 6 comma 3 del DLgs. 472/97 si applica solo in caso in inadempimento del pagamento del tributo esclusivamente imputabile alla condotta di un terzo, restando escluse dal campo di applicazione della norma, invece, le violazioni formali, in quanto relative all’omessa presentazione della dichiarazione, all’omessa registrazione delle fatture, ovvero all’omessa tenuta della contabilità.
Nel caso di specie, l’Ufficio recuperava la maggiore IVA accertata nei confronti della società contribuente e applicava le sanzioni per le omissioni contabili e dichiarative.
Quanto all’applicazione delle sanzioni, le stesse venivano dichiarate illegittime e disapplicate in primo grado, con decisione confermata anche nel successivo giudizio di merito, argomentando nel senso che nella fattispecie in esame dovevano ritenersi integrati i requisiti di cui all’art. 6 comma 3 del DLgs. 472/97, in quanto la società contribuente aveva consegnato al proprio intermediario le somme destinate al pagamento dei tributi e aveva fornito la prova che il pagamento non era stato eseguito per fatto, denunciato all’autorità giudiziaria, esclusivamente addebitabile al terzo intermediario.
Questa dimostrazione, nel caso de quo, veniva fornita dalla società contribuente attraverso la produzione della sentenza penale di condanna emessa nei confronti del proprio intermediario.
La vertenza impatta, come si è detto, sul campo di applicazione dell’art. 6 comma 3 del DLgs. 472/97, secondo il quale: “il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi”.
Per la Suprema Corte, al fine di circoscrivere l’ambito di operatività dell’art. 6 comma 3 del DLgs. 472/97, è necessario coordinare il disposto normativo con l’art. 5 del DLgs. 472/97, il quale, disciplinando l’elemento soggettivo della condotta sanzionabile per violazioni amministrative, stabilisce che ciascuno risponde della propria azione od omissione, che sia cosciente o volontaria, ossia dolosa, ovvero dovuta a una condotta negligente, ossia colposa.
Dal rapporto tra le due disposizioni si evince che l’esimente di cui all’art. 6 comma 3 del DLgs. 472/97 presuppone una condotta che non sia dolosa o colposa, ex art. 5 del DLgs. 472/97, e trova applicazione solo se la violazione amministrativa ha ad oggetto il mancato pagamento del tributo e non, invece, l’inadempimento degli obblighi tributari di natura formali.
Con questa soluzione, quindi, la Corte di Cassazione propende per una interpretazione aderente al tenore letterale dell’art. 6 comma 3 del Dlgs. 472/97, in ragione della quale l’esimente si applica solo al ricorrere di alcune condizioni: l’inadempimento deve avere ad oggetto gli obblighi di pagamento del tributo (quindi, restano esclusi quelli di natura formale); il contribuente inadempiente deve avere assolto l’obbligo di denunciaall’autorità giudiziaria nei confronti del responsabile (di regola, l’intermediario che non ha eseguito l’incarico); infine, l’inadempimento deve essere addebitabile esclusivamente al terzo (che di regola, come si è detto, coincide con l’intermediario incaricato), nel senso che non deve ricorrere in capo al contribuente l’elemento psicologico del dolo, ovvero della colpa, quest’ultima intesa anche come culpa in vigilando nei confronti dell’intermediario.
Poiché, nel caso di specie, le sanzioni erano state comminate dall’Ufficio non per l’omesso versamento dell’IVA, ma per la violazione degli obblighi “formali” (omesse dichiarazioni, emissioni di fatture e registrazioni), resta esclusa l’applicazione dell’esimente dell’art. 6 comma 3 del DLgs. 472/97.
La Suprema Corte, infine, precisa che il comportamento “colpevole” della società contribuente, in ogni caso, non può essere escluso dall’esistenza di una condanna penale a carico dell’intermediario, in quanto la responsabilità di quest’ultimo non rende esente la contribuente da colpa nel caso in cui ricorra l’omessa vigilanza (cfr., sul tema, C.T. Reg. Roma n. 1829/21/16 e le interrogazioni parlamentari nn. 5-03275 e 5-03276).
Nella specie, infatti, nessuna prova era stata fornita dalla società contribuente sui controlli eseguiti nei confronti dell’intermediario.