Per evitare contestazioni è consigliabile rinunciare al credito, se questo non è prescritto oppure di esiguo importo e scaduto da almeno 6 mesi

Di Luca FORNERO

Le perdite su crediti sono deducibili “in ogni caso” solo se il debitore è sottoposto alle procedure concorsuali e agli istituti assimilati previsti dall’art. 101 comma 5 del TUIR, vale a dire fallimentoliquidazione coatta amministrativaconcordato preventivoamministrazione straordinariaaccordi di ristrutturazione dei debiti omologati ai sensi dell’art. 182-bis del RD 267/42 e piani attestati di risanamento ex art. 67 comma 3 lett. d) del RD 267/42.
Pertanto, laddove una società vanti un credito nei confronti di un’altra società sottoposta a liquidazione “volontaria” (ex art. 182 del TUIR), per poter dedurre la perdita su detto credito, dovrà provare gli elementi certi e precisi richiesti dal medesimo art. 101 comma 5 del TUIR.

In tale ottica, la deducibilità è ammessa solo in presenza di una perdita su crediti che possa considerarsi “definitiva” (circ. Agenzia delle Entrate n. 39/2002). A tal fine, la “definitività” di una perdita è rinvenibile allorché si possa escludere l’eventualità che in futuro il creditore riesca a realizzare, in tutto o in parte, la partita creditoria. Diversamente, nel caso in cui sia possibile ritenere che l’inesigibilità del credito rappresenti una condizione solo temporanea, non sussistono i requisiti di “definitività” della perdita e la stessa rientra nella categoria delle perdite “potenziali” (circ. Agenzia delle Entrate n. 26/2013, § 3).

Sempre nelle ipotesi diverse dalle procedure concorsuali, gli elementi certi e precisi, atti a fondare il diritto alla deducibilità della perdita, sussistono “in ogni caso”, quando, in alternativa (art. 101 comma 5 del TUIR):
– il credito è di modesta entità (vale a dire, di importo non superiore a 5.000 euro, per le imprese con volume d’affari o ricavi non inferiori a 100.000.000 di euro, e non superiore a 2.500 euro, per le altre) ed è decorso un periodo di 6 mesi dalla scadenza del pagamento;
– il diritto alla riscossione del credito è prescritto;
– i crediti sono cancellati dal bilancio in applicazione dei principi contabili.

Sotto il profilo civilistico, l’art. 2495 commi 1 e 2 c.c. dispone che:
– approvato (tacitamente o espressamente) il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal Registro delle imprese (modello S3);
– ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.

La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società.
Non si può quindi escludere l’eventualità che, anche a seguito della cancellazione della società dal Registro delle imprese, il creditore riesca a realizzare, in tutto o in parte, la partita creditoria, facendo valere i propri diritti secondo le modalità sopra illustrate.

Pertanto, ove la perdita su crediti fosse dedotta nel periodo d’imposta dell’avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese, l’Amministrazione finanziaria potrebbe eccepire che, in detto periodo, la perdita stessa non poteva considerarsi definitiva, quanto meno fino a concorrenza delle somme riscosse dai soci in base al bilancio finale di liquidazione.

Per scongiurare tale evenienza, ai fini della deducibilità integrale della perdita, appare consigliabile che la società creditrice rinunci formalmente al credito (ex art. 1236 c.c. ) vantato verso la società soggetta a liquidazione volontaria.
Infatti, il documento OIC 15 (§ 71-72) dispone che la società cancella il credito dal bilancioquando, in alternativa:
– i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito si estinguono (parzialmente o totalmente);
– la titolarità dei diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito è trasferita e con essa sono trasferiti sostanzialmente tutti i rischi inerenti il credito.

I diritti contrattuali si estinguono per pagamento, prescrizione, transazione, rinuncia al credito, rettifiche di fatturazione e ogni altro evento che fa venire meno il diritto ad esigere determinati ammontari di disponibilità liquide, o beni/servizi di valore equivalente, da clienti o da altri soggetti.

Per quanto sopra, la rinuncia al credito è atto idoneo a determinare la cancellazione del credito stesso dal bilancio e la conseguente deducibilità della perdita nella determinazione del reddito d’impresa, senza dover preventivamente dimostrare, con adeguati mezzi di prova, la sussistenza dei requisiti di certezza e precisione (in questo senso, si veda anche la circ. Assonime n. 18/2014, § 2.2).

Sempre per le ragioni in precedenza evidenziate, la rinuncia non è invece necessaria laddove il credito sia prescritto oppure sia di modesta entità e risulti “scaduto” da almeno 6 mesi.