Approvata dal Consiglio europeo una nuova direttiva in attesa del regime definitivo IVA
Il meccanismo del reverse charge potrà essere “generalizzato”, da parte degli Stati membri della Ue, a tutte le operazioni al sopra di 10.000 euro per fattura, sino al 30 giugno 2022.
Lo prevede la proposta di direttiva, approvata ieri da parte del Consiglio europeo in via definitiva, la quale sarà pubblicata prossimamente sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ed entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo.
La direttiva adottata ha, quale dichiarato ed evidente obiettivo, quello di contrastare la diffusione delle frodi nel settore dell’IVA, in attesa che si arrivi al regime definitivo (con tassazione degli scambi intra-Ue nello Stato di destinazione dei beni), anch’esso oggetto di una proposta di direttiva approvata dalla Commissione (proposta n. 569 final del 4 ottobre 2017) e attualmente all’esame del Parlamento europeo e del Consiglio.
Come indicato dal commissario europeo Dombrovskis, nella conferenza stampa successiva all’approvazione della direttiva, infatti, quelle adottate ieri sono misure temporanee utili ad arginare l’attuale fenomeno delle frodi IVA, prima che faccia la sua entrata in vigore il sistema IVA definitivo. Tra le altre misure antifrode approvate ieri, si segnala anche la modifica del Regolamento Ue n. 904/2010, finalizzata al rafforzamento della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri in materia di IVA (si veda “Rafforzata la cooperazione amministrativa in materia di IVA nella Ue” di oggi).
Tornando alla direttiva di ieri che riguarda l’inversione contabile, si osserva come intervenga sulla direttiva 2006/112/CE, inserendo l’art. 199-quater, regolatore dell’intera disciplina del reverse charge “generalizzato”.
L’iniziativa per estendere il reverse charge a tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi al di sopra di 10.000 euro per fattura è lasciata ai singoli Stati membri, mediante domanda alla Commissione europea.
Le condizioni per presentare detta domanda sono:
– la presenza, in tale Stato, di un divario tra l’IVA riscossa e quella di cui è stimata la riscossione (c.d. “VAT gap”) almeno superiore del 5% rispetto alla media europea;
– la presenza di un livello di frodi carosello superiore al 25% del “VAT gap” complessivo;
– la presa d’atto che altre misure di controllo non sono sufficienti a combattere le frodi in tale Stato.
Inoltre, uno Stato membro può presentare la domanda se possiede una frontiera comune con uno Stato che è stato autorizzato al reverse charge “generalizzato” e se constata che sussiste un grave spostamento della frode verso il suo territorio e le misure di controllo in suo possesso non sono sufficienti a contrastare lo sviluppo della frode.
Nella domanda alla Commissione dovranno essere fornite dettagliate motivazioni che legittimano tale richiesta, la data di inizio del regime di reverse charge “generalizzato” e la relativa durata, nonché le azioni da intraprendere per informare i soggetti passividella nuova disciplina e una descrizione delle misure di accompagnamento.
Unitamente al reverse charge “generalizzato” lo Stato coinvolto dovrà, infatti, imporre obblighi efficaci di comunicazione elettronica a tutti i soggetti passivi ed in particolare a coloro che sono fornitori o destinatari di operazioni secondo lo speciale meccanismo.
Ricevute le informazioni, entro tre mesi la Commissione adotta una decisione di esecuzione che autorizza lo Stato membro all’adozione della speciale misura (oppure che respinge la domanda).
È possibile che la misura adottata possa avere un impatto negativo considerevole sul mercato interno (ad esempio, se altri Stati membri che non applicano il meccanismo riscontrano un aumento delle frodi IVA nel proprio territorio e la Commissione accerta che tale aumento è direttamente collegato all’estensione del meccanismo in un altro Stato). In tale situazione la Commissione può disporre la revoca dell’autorizzazione al reverse charge “generalizzato” per lo Stato membro interessato, decorsi almeno 6 mesi dall’entrata in vigore della speciale misura.
Lo Stato membro che ricevesse l’autorizzazione, è tenuto a presentare alla Commissione una relazione intermedia entro due anni dall’introduzione del meccanismo “generalizzato”; anche gli Stati membri che non applicano il meccanismo “generalizzato” presentano una relazione entro il 30 giugno 2019. Nelle suddette relazioni sono valutate, in particolare, l’evoluzione del “VAT gap”, l’evoluzione delle frodi IVA (in particolare, la frode carosello e la frode a livello di commercio al dettaglio) e, per gli Stati interessati, l’evoluzione degli oneri amministrativi in capo ai soggetti passivi e delle spese per l’Amministrazione fiscale.