Lo schema di DLgs. di recepimento della direttiva ATAD interviene sull’art. 166-bis del TUIR

Di Luca MIELE

Lo schema di decreto legislativo di attuazione della cosiddetta direttiva ATAD, all’art. 3, sostituisce l’art. 166-bis del TUIR che disciplina i valori fiscali in ingresso a seguito di trasferimenti nel nostro Paese di soggetti che esercitano una impresa commerciale (c.d. entry tax).
Nell’assetto vigente, l’art. 166-bis del TUIR non reca alcun riferimento al trasferimento di residenza in Italia attuato mediante operazioni straordinarie, mancando uno specifico richiamo normativo all’art. 166-bis negli artt. 178 e 179 del TUIR, richiamo invece esplicitato in caso di exit tax.

Considerato tale assetto normativo, si è anche argomentato che le disposizioni ivi contenute non trovino applicazione in caso di fusione, scissione o conferimento di aziende, benché tali operazioni possano comunque dare luogo, seppure indirettamente, a un trasferimento di residenza.
Secondo questa impostazione la valorizzazione delle attività e delle passività delle società estere che, attraverso una operazione straordinaria, acquisiscono residenza italiana dovrebbe continuare a effettuarsi sulla base delle regole proprie di tali operazioni, regole che, per le fusioni e scissioni intra Ue, sono quelle delle analoghe operazioni domestiche (artt. 172 e 173 del TUIR), come stabilito dall’art. 179, comma 1 del TUIR. Dovrebbe dunque applicarsi un regime di continuità fiscale nei valori, senza alcuna rilevanza di eventuali maggiori valori iscritti.

Tale ricostruzione non convince, atteso che il criterio del valore normale fatto proprio dall’art. 166-bis del TUIR dovrebbe costituire un principio generale da applicare in tutti i casi di prima immissione di beni provenienti da altri Stati nell’ordinamento tributario nazionale.
Diversamente, un soggetto migrato dall’estero in Italia, ove successivamente incorporato in società italiana, si troverebbe in una posizione “migliore” rispetto a una fusione diretta. Si giungerebbe, così, a conclusioni del tutto asistematiche, disciplinando in modo diverso operazioni che conducono al medesimo risultato finale.

In conformità a tale secondo orientamento, la risoluzione n. 69/2016 afferma che l’art. 166-bis del TUIR trova applicazione anche nel caso in cui il trasferimento nel territorio dello Stato si verifica per effetto della fusione con una società italiana, sempreché la fusione comporti la perdita della residenza fiscale nello Stato di origine della incorporata e che tutti gli asset della medesima confluiscano nel patrimonio dell’incorporante. In tali casi, infatti, la fusione si sostanzia in un trasferimento in Italia, con le stesse conseguenze che avrebbe un trasferimento di sede nel nostro Paese.
Conclusioni che possono in linea di principio essere estese anche alla scissione di un soggetto estero in una società italiana.

Anche a seguito di tale pronuncia di prassi, permaneva il dubbio circa l’applicazione della entry tax ai conferimenti di azienda con un conferitario residente e aventi ad oggetto aziende situate all’estero. Non vi è dubbio, infatti, che una interpretazione logico-sistematica riconduca anche tale fattispecie nell’ambito di applicazione dell’art. 166-bis del TUIR; tuttavia, letteralmente, l’art. 166-bis si riferisce ai trasferimenti nel territorio dello Stato che determinano l’acquisizione della residenza fiscale e i conferimenti in entrata non comportano l’acquisizione della stessa da parte del soggetto conferente, mentre in caso di fusione si assiste alla perdita, da parte della incorporata, della residenza fiscale nel Paese d’origine e alla confluenza di tutto il suo patrimonio in quello della incorporante italiana.

Va osservato, comunque, che anche laddove si ritenesse di applicare una lettura restrittiva dell’art. 166-bis, non estesa al caso dei conferimenti di azienda in entrata, parte della dottrina ha comunque affermato che ciò non porta alla necessariavalorizzazione dei beni provenienti dai conferimenti medesimi all’ultimo costo fiscalmente riconosciuto; infatti, non si ricadrebbe nell’art. 176 del TUIR e la valorizzazione dei beni sarebbe regolata dalle norme generali in materia di reddito d’impresa e quindi il conferitario potrebbe comunque valorizzare i beni in ingresso al loro valore normale, non sulla base della norma speciale dell’art. 166-bis, quanto piuttosto dei principi generali che disciplinano i conferimenti in natura.

Tale problematica interpretativa è ora superata in quanto il novellato comma 1, lett. e) dell’art. 166-bis stabilisce che l’entry tax trova applicazione non solo in caso di fusione e scissione ma anche quando un soggetto fiscalmente residente all’estero effettua il conferimento di una stabile organizzazione situata al di fuori del territorio dello Stato a favore di un soggetto fiscalmente residente nel territorio dello Stato.
Dal tenore letterale della norma sembrerebbe che la stessa possa applicarsi anche a soggetti diversi dalle società di capitali che, invece, risultano estranei all’ambito di applicazione della Direttiva che, ai sensi dell’art. 1, si applica a tutti i contribuenti soggetti all’imposta sulle società (cfr. anche il considerando 4).