Alcune sentenze di merito escludono l’attrazione al reddito professionale

Di Caterina MONTELEONE

Con la sentenza n. 2629/07/2017 del 20 dicembre 2017, la C.T. Reg. Toscana, confermando la decisione di primo grado, ha ritenuto corretta la tassazione dei proventi percepiti da un architetto per la carica di presidente del consiglio di amministrazione e tassati come redditi assimilati a lavoro dipendente, sulla base della circostanza che, nel caso in analisi, la qualifica di architetto (a differenza di quella di commercialista) “non ricomprende mansioni amministrative che siano proprie delle funzioni di gestione aziendale demandate al presidente del Consiglio di Amministrazione quali quelle di predisposizione del progetto di bilancio d’esercizio, la tenuta dei libri contabili obbligatori, il rispetto degli adempimenti pubblicitari presso il registro delle imprese ed altri”.

Nel caso deciso, la contribuente svolgeva l’attività professionale di architetto, in relazione alla quale percepiva compensi che dichiarava come redditi di lavoro autonomo e, nella medesima società, rivestiva altresì la carica di presidente del consiglio di amministrazione in relazione alla quale percepiva somme che erano state dichiarate come proventi di collaborazione coordinata e continuativa.
L’Ufficio riteneva che anche questi ultimi costituissero lavoro autonomo e in quanto tali fossero assoggettabili a IRAP e IVA, in considerazione della oggettiva connessione di tale attività con le mansioni tipiche della professione abituale svolta dalla contribuente.

I compensi liquidati agli amministratori sono inquadrati tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 50 comma 1 lett. c-bis) del TUIR, e seguono le regole di determinazione previste dall’art. 51 del TUIR così come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circ. n. 67 del 6 luglio 2001.
Pertanto, se l’attività di amministratore rientra nei compiti istituzionali del lavoratore dipendente i compensi vengono tassati come redditi di lavoro dipendente, ove invece rientrino nell’oggetto della professione esercitata i compensi saranno attratti nei redditi di lavoro autonomo.

Con specifico riferimento all’attività di amministratore la circolare dell’Agenzia delle Entrate del 6 luglio 2001 n. 67 ha precisato che tale attività “non può essere attratta nell’ambito del lavoro autonomo in quanto per l’esercizio della stessa non è necessario attingere a specifiche conoscenze professionali”.
Successivamente, con la circ. del 12 dicembre 2001 n. 105 l’Agenzia ha però chiarito che per i professionisti iscritti ad Albi professionali i redditi percepiti per l’attività di amministratore devono essere considerati redditi di lavoro autonomo se l’incarico viene svolto in una società che esercita un’attività oggettivamente connessa alle mansioni tipiche dell’attività professionale.
Questo chiarimento si era reso necessario in quanto ricondurre l’attività di amministratore alla categoria dei redditi di lavoro dipendente anche se svolta da un professionista determinava l’aggravio di doversi iscrivere alla gestione separata INPS (con evidente perdita di gettito anche per le Casse professionali).

Premettendo che dal testo della sentenza non emerge chiaramente quale fosse, in concreto, l’attività svolta dalla società amministrata, i giudici sembrano discostarsi dalla consolidata prassi amministrativa.
Viene, tra l’altro, valorizzata la circostanza che la nomina a ruolo di presidente del consiglio di amministrazione fosse avvenuta non in virtù della qualifica professionale bensì del possesso della quota di maggioranza del 90% delle azioni possedute nella società.

In altra sentenza (C.T. Reg. Firenze 16 marzo 2017 n. 671/5/2017) i giudici hanno condiviso l’assoggettamento dei due redditi, rispettivamente quello relativo all’attività professionale e quello derivante dalla carica di amministratore, a regimi fiscali diversi analizzando nel dettaglio il contenuto delle attività svolte nell’ambito del ruolo di amministratore ed escludendo che fossero effettivamente connesse alla competenza professionale.

Nella specie, si trattava di un amministratore-geometra e, secondo i giudici, le attività espletate dalla società (recupero ambientale, ingegneria naturalistica, regimazioni idrauliche) “esulano dalla competenza professionale del geometra e non hanno la benché minima attinenza con costruzioni edili”. Non a caso, si legge in sentenza, per l’esecuzione dei progetti e le direzioni tecniche la società si era rivolta a professionisti esterni.
Quest’ultimo ragionamento appare allineato a quello dell’Agenzia delle Entrate (il problema, infatti, sembrava riguardare la connessione tra l’attività di geometra e quella della società amministrata; a differenza dei giudici, l’Ufficio riteneva che l’attività della società rientrasse tra quelle tipiche del geometra).