Le specifiche tecniche consentono l’indicazione della ritenuta d’acconto applicata in fattura
La fattura elettronica, pur contenendo, in ragione della sua particolare natura, una serie di informazioni specifiche non presenti nel documento cartaceo (si pensi, ad esempio, al c.d. “Codice destinatario”), deve riportare tutte le indicazioni stabilite nell’art. 21 del DPR 633/72 o, nel caso di fattura semplificata, nell’art. 21-bis del medesimo decreto.
Leggendo le disposizioni citate non si rileva, fra gli elementi obbligatori, la presenza della ritenuta d’acconto, che deve essere operata, ad esempio, dal committente all’atto del pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro autonomo o di provvigioni inerenti a rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza e simili.
Benché sia uso comune fornire questa indicazione in fattura, così da computare correttamente il netto dovuto al prestatore, tale elemento non risulta tuttavia compreso fra quelli che la norma impone per la corretta redazione del documento. Ad esempio, fra i dati di natura “quantitativa” richiesti dall’art. 21 del DPR 633/72 nell’ipotesi di prestazione di servizi, sono presenti:
– i corrispettivi e gli altri elementi necessari per la determinazione della base imponibile;
– l’aliquota, l’ammontare dell’imposta e dell’imponibile con arrotondamento al centesimo di euro.
Il tracciato per l’emissione della fattura elettronica, emergente dalle specifiche tecniche allegate al provvedimento n. 89757 del 30 aprile scorso, consente comunque la possibilità di compilare il campo “Ritenuta”.
Nella rappresentazione tabellare della fattura elettronica ordinaria viene, però, precisato che si tratta di un “elemento non obbligatorio”.
Il quadro descritto porta ad affermare che, nell’ipotesi in cui il prestatore abbia omesso di indicare nella fattura elettronica l’importo della ritenuta d’acconto che il sostituto è obbligato a trattenere, non si applicano le disposizioni di cui all’art. 26 del DPR 633/72.
Al più, in forza di quanto recentemente chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 2 luglio 2018 n. 13 e, precedentemente, nella risoluzione 10 aprile 2017 n. 46, potrebbe essere possibile predisporre un ulteriore documento, “da allegare all’immagine della fattura”, che contenga i dati (nel caso in questione, l’ammontare della ritenuta) necessari per integrare le informazioni contenute nel documento originario.
Tale comportamento risulterebbe, tra l’altro, conforme a quanto disposto dall’art. 219della direttiva 2006/112/CE, secondo cui “sono assimilati a una fattura tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale”.
Diverso è il caso in cui a essere stati omessi o indicati in maniera errata sono altri dati, anche non “quantitativi”, richiesti dall’art. 21 del DPR 633/72. Nell’ipotesi in cui, per errore materiale, la descrizione del bene fornito o del servizio prestato non corrispondessero all’operazione effettuata, occorrerebbe procedere all’emissione di una nota di variazione e alla redazione di una nuova fattura elettronica, che dovrebbero entrambi transitare dal Sistema di Interscambio.
Se, poi, il documento contiene una descrizione troppo generica del bene ceduto o del servizio prestato, il cessionario o il committente potrebbero richiedere un’integrazione del contenuto della fattura originaria, al fine di non perdere la possibilità di detrarre l’IVA relativa all’operazione o di dedurre l’onere ai fini delle imposte sui redditi.
In questi casi, in alternativa al ricorso alla nota di variazione, potrebbe essere eventualmente prodotto un ulteriore documento, da conservare secondo quanto stabilito nella citata risoluzione n. 46/2017, che contenga più precise indicazioni in ordine all’operazione effettuata. Si porrebbe in essere, anche in questa circostanza, un comportamento conforme al dettato dell’art. 219 della direttiva 2006/112/CE, citato poc’anzi.
Più in generale, laddove le integrazioni alle fatture interessino dati non rilevanti ai fini dei controlli fiscali in ambito IVA, si potrebbe probabilmente sostenere la tesi che non sia richiesta un’integrazione del tracciato XML della fattura elettronica in precedenza emessa.
A tal proposito può essere inoltre utile sottolineare come la Cassazione abbia confermato (ordinanza 31 maggio 2018 n. 13882) che, in presenza di fatture che riportano una descrizione generica dei beni e servizi oggetto dell’operazione documentata, ai fini del riconoscimento del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto o della deducibilità dell’onere, l’Amministrazione finanziaria debba tenere conto anche di eventuali ulteriori elementi integrativi del contenuto delle fatture medesime.