L’Amministrazione non ammette l’acquisto senza imposta per gli acquisti con IVA indetraibile

Di Mirco GAZZERA e Emanuele GRECO

La facoltà riconosciuta agli esportatori abituali di effettuare acquisti senza applicazione dell’IVA incontra, fra l’altro, un limite relativamente ai beni e servizi per i quali l’imposta è indetraibile ai sensi degli artt. 19 e seguenti del DPR 633/72.

Sul punto è chiara la C.M. 10 giugno 1998 n. 145, confermata in giurisprudenza dalla Cassazione 20 dicembre 2012 n. 23588.
Il principio può ritenersi applicabile, per esempio, tanto ai casi di indetraibilità per destinazione quanto ai casi di indetraibilità oggettiva (si pensi all’acquisto di imbarcazioni da diporto non oggetto dell’attività di impresa).

Si ritiene che la limitazione abbia lo scopo di evitare che i soggetti in possesso dello status di esportatori abituali possano acquistare senza pagamento dell’IVA beni o servizi per i quali sarebbero rimasti incisi dall’imposta, in assenza della facoltà attribuita dalla spendita della dichiarazione di intento e dal plafond maturato. Per i soggetti che applicano il pro rata, sussiste l’obbligo di decurtare della percentuale d’imposta non ammessa in detrazione la parte di plafond utilizzabile (C.M. n. 145/98).

Per gli acquisti che, invece, sono oggettivamente indetraibili in misura parziale (ad esempio, l’acquisto di carburante o la manutenzione riguardanti veicoli a uso promiscuo) appare possibile utilizzare il plafond limitatamente alla quota di imposta ammessa in detrazione.

Seppure la C.M. n. 145/98 non abbia fornito chiarimenti specifici sul punto, infatti, la predetta soluzione sembra trovare supporto nel criterio che è stato indicato in relazione al pro rata.
In sede di fatturazione si potrà tenere conto di quanto detto scomponendo il corrispettivo come segue:
– la quota non imponibile IVA ex art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72 a fronte dell’utilizzo del plafond, calcolata applicando la percentuale di imposta ammessa in detrazione sull’acquisto (es. 40%);
– la restante quota da assoggettare a IVA che sarà totalmente indetraibile in capo al cessionario o committente.

Sotto il profilo sanzionatorio, resta da capire che cosa accada qualora l’esportatore abituale utilizzi il plafond al fine di acquistare beni e servizi per i quali detta facoltà è preclusa, alla luce di quanto descritto.
Vista l’ampia formulazione della disposizione, nei confronti del cessionario o committente si potrebbe ritenere irrogabile la sanzione amministrativa dal 100% al 200% del tributo prevista per chi, in mancanza dei presupposti di legge, dichiara all’altro contraente o in Dogana di volersi avvalere della facoltà di acquistare o importare beni senza l’applicazione dell’IVA (art. 7comma 4 del DLgs. 471/97).
Resterebbe comunque ferma la possibilità di regolarizzare la situazione avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso(art. 13 del DLgs. 472/97).

Più complesso appare definire le eventuali conseguenze in capo al cedente o prestatore. Quando la dichiarazione d’intento è rilasciata in mancanza dei presupposti previsti dalla legge, è il solo soggetto che ha rilasciato la dichiarazione a rispondere dell’omesso pagamento dell’imposta (art. 7 comma 3 del DLgs. 471/97).

Secondo la giurisprudenza più recente, tuttavia, se la dichiarazione d’intento è ideologicamente falsa il cedente deve dimostrare l’assenza di un coinvolgimento nell’attività fraudolenta, “ossia di non essere stato a conoscenza dell’assenza delle condizioni legali per l’applicazione del regime di non imponibilità o di non essersene potuto rendere conto pur avendo adottato tutte le ragionevoli misure in suo potere” (cfr. Cass. n. 14937/2018).

Nel caso in esame sembrerebbe da escludere, in linea generale, la responsabilità del fornitore. Seppure sia nota l’esistenza di fattispecie di indetraibilità per particolari beni e/o servizi, il cedente o prestatore potrebbe non essere a conoscenza di tutti gli elementi per valutare se, in capo al cessionario o committente, l’IVA sull’acquisto sia effettivamente indetraibile.

Può essere utile, a tale riguardo, che in caso di incertezza il fornitore richieda alla controparte una dichiarazione che attesti la spettanza – in tutto o in parte – del diritto alla detrazione IVA per il bene e/o servizio fornito.