Il Presidente del CNDCEC Miani lancia anche l’idea di una società di software della categoria. Prosegue il dialogo interno sulla riforma professionale
A breve arriverà un gestionale di categoria per la fatturazione elettronica. È questa la risposta del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili alle diffuse preoccupazioni della base sull’impatto del nuovo adempimento.
Ad annunciarlo, nel corso dell’Assemblea tenutasi ieri a Roma, il Presidente Massimo Miani, che durante la sua lunga relazione ha parlato della necessità di “tenere i clienti negli studi”.
Questo significa avere la possibilità di “rassicurarli”, offrendo loro la garanzia che saranno gli stessi commercialisti a trovare una soluzione al problema della fatturazione elettronica. La soluzione sarà, appunto, un gestionale di categoria, per il quale il CNDCEC ha già bandito una gara d’appalti.
“Ci metteremo dei soldi – ha sottolineato Miani in proposito – per renderlo gratuitosoprattutto per i più piccoli, quegli studi che sono costretti a risparmiare e fare a meno dei gestionali e, per questo, magari si sono bloccati lo scorso anno sul sito dell’Agenzia delle Entrate per l’invio dello spesometro. Per loro, sarà tutto gratuito, stiamo lavorando per metterci dentro il più ampio numero possibile di fatture. Per gli altri, ci saranno limiti dimensionali al di sopra dei quali si pagherà qualcosa, ma comunque molto meno rispetto al mercato”.
L’investimento in tecnologia, però, non si dovrebbe fermare al gestionale per la fatturazione elettronica. Nel corso dell’assemblea, infatti, Miani ha lanciato anche l’idea di creare una società di software di categoria. “Penso – ha sottolineato – che sia arrivato il momento di averne una tutta nostra, in modo da non essere più schiavi delle varie società di software e diventare i primi interlocutori del Fisco anche sullo sviluppo tecnologico. Un’iniziativa del genere sarebbe in grado di darci molta più forza”. Si tratta, però, di un’operazione molto onerosa e, dunque, “c’è bisogno che l’idea venga recepita dalle due Casse previdenziali di categoria”, chiamate a dare il loro supporto economico.
Nel corso della sua relazione, Miani ha affrontato tanti altri aspetti, muovendosi lungo i numeri tracciati nel Rapporto 2018 dalla Fondazione nazionale (si veda “Iscritti e redditi, una professione spaccata in due” del 2 luglio). Il focus, in particolare, è stato sui redditi e sulla constatazione che la metà della professione è sotto i 33 mila euro l’anno. “Il problema – ha spiegato – non è l’assenza di lavoro, anche perché il 76% delle partite IVA si rivolge ancora ai commercialisti per contabilità e adempimenti. Piuttosto, sull’assistenza fiscale (che rappresenta circa il 60% del fatturato complessivo dei commercialisti, ndr) non c’è più marginalità”.
Da un lato, l’eliminazione delle tariffe ha “schiacciato i compensi verso il basso”, dall’altro, non c’è la possibilità di ribaltare sui clienti i costi per i “necessari investimenti in tecnologia”. Bisognerà, dunque, insistere perché vengano reintrodotte quantomeno delle tariffe minime, e in questo senso l’equo compenso si muove nella giusta direzione, ma anche intervenire sulla professione, lavorando su aggregazioni e nuove competenze.
In questo contesto, si inserisce la riforma del DLgs. 139/2005, su cui ieri hanno potuto dire la propria non solo i sindacati, ribadendo le proposte avanzate la scorsa settimana in sede di audizione presso il CNDCEC (si veda “Dai sindacati le proposte di modifica dell’ordinamento professionale” del 27 giugno), ma anche i semplici iscritti a cui, per la prima volta, è stata data la possibilità di parlare in assemblea.
Circa quaranta interventi in cui sono stati toccati tanti temi: dalla necessità di “tipicizzare il prodotto” offerto dai commercialisti a quella di richiedere le esclusive su alcune attività; dalla possibilità di intervenire legalmente nelle cause contro gli abusivi all’opportunità di sottoporre ai consigli di disciplina anche chi ricopre incarichi istituzionali, passando per una maggiore presenza femminile negli Ordini, la tutela degli esperti contabili e il mantenimento dell’attuale assetto a livello territoriale. Il tutto in un contesto sereno, dunque, ben lontano dai toni che vengono usati sui social network, dove “troppo spesso – ha rimarcato Miani – si distorce la verità e si getta fango sulle persone, dimenticando di appartenere a una professione come la nostra”.
Al centro del dibattito anche le specializzazioni, su cui il Consiglio nazionale non ha intenzione di arretrare, provando a spiegare meglio un progetto che, ha sottolineato il Presidente, “sembra non sia ancora stato capito bene dagli iscritti”. Ci saranno altre opportunità, anche perché la giornata di ieri ha rappresentato solo “l’avvio” dell’interlocuzione sulla riforma, che dovrebbe durare ancora qualche mese. Nel frattempo, si avvierà con il Governo il dialogo sul tema, in modo da provare a individuare un punto di caduta su testo e tempi. La speranza è portare a casa la riforma nel giro di un anno e mezzo.