Secondo Assonime, in questi casi non occorre applicare la ritenuta a titolo d’imposta del 26%

Con la circolare n. 11/2018, Assonime riepiloga le principali novità apportate alla disciplina dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria dall’art. 1, commi da 999 a 1006, della L. 205/2017 (legge di bilancio 2018).
Obiettivo della riforma è quello di prevedere una sostanziale uniformazione tra partecipazioni qualificate e partecipazioni non qualificate per quanto riguarda i dividendi e le plusvalenze, fermo restando un periodo transitorio di cinque anni, in scadenza al 31 dicembre 2022, in cui i dividendi qualificati continuano a scontare il previgente regime impositivo.

Il comparto dei capital gain è quello che presenta le minori incertezze. Le questioni problematiche esaminate da Assonime si limitano, quindi, alla compensazione delle minusvalenze e ai riflessi della riforma sulla eventuale rideterminazione del costo o valore di acquisto con l’imposta sostitutiva dell’8%.

Per quanto riguarda le minusvalenze, posto che partecipazioni qualificate e non qualificate rappresenteranno – diversamente da quanto avviene oggi – una unica “massa”, all’interno della quale sarà possibile compensare plusvalenze e minusvalenze e riportare sino al quarto anno successivo l’eccedenza delle seconde, ad avviso di Assonime in assenza di una specifica disciplina di carattere contrario questa possibilità dovrebbe essere estesa alle minusvalenze da partecipazioni non qualificate realizzate nei periodi d’imposta precedenti e oggetto di riporto in avanti. Così, se un contribuente presenta eccedenze di minusvalenze relative a partecipazioni non qualificate formatesi – ad esempio – nel 2017, dovrebbe essere possibile utilizzare le stesse a compensazione delle plusvalenze realizzate su partecipazioni qualificate – ad esempio – nel 2019.

Con riferimento alla rivalutazione (la quale riguarda, chiaramente, le sole partecipazioni non quotate, e ha quale data di riferimento il 1° gennaio 2018 per effetto della riapertura dei termini operata dalla stessa L. 205/2017), la circolare n. 11/2018 evidenzia che le valutazioni di convenienza da operare sono diverse a seconda che la prospettata cessione della partecipazione, se qualificata, avvenga ancora nel 2018, o dal 2019 in poi: nel primo caso, infatti, la plusvalenza concorre alla formazione del reddito complessivo della persona nel limite del 58,14% del relativo ammontare, mentre nel secondo sconta l’imposizione sostitutiva del 26% (va comunque detto che la differenza non risulta significativa).

Per quanto riguarda i dividendi, considerato che non viene esaminata la tematica degli utili di fonte estera (sulla quale non mancano i punti in cui le norme presentano una scarsa chiarezza), l’interesse di Assonime verte, ad esempio, sulla tematica dei dividendi percepiti dalle società semplici. Preso atto che la tassazione, in questo caso, si rifà ai principi contenuti nell’art. 47 comma 1 del TUIR, e che questa disposizione è stata modificata espungendo la parte in cui si prevedeva la tassazione limitata al 40% o al 49,72%, stando alla lettera della norma si potrebbe supporre anche una tassazione integrale di questi utili (imputati, naturalmente, per trasparenza ai soci).

Assonime sollecita, quindi, l’Amministrazione finanziaria a pronunciarsi sulla questione, anche se sul punto potrebbe ipotizzarsi un mero difetto di coordinamento normativo (non si vedono, in altre parole, motivazioni particolari per prevedere in capo alle società semplici un regime differente rispetto a quello delle società di persone commerciali, tassate su una base imponibile del 58,14%, non sussistendo al contrario motivazioni sistematiche particolari per una tassazione integrale dei soci).

Incertezze sugli utili percepiti dalle società semplici

La circolare n. 11/2018 analizza, da ultimo, il regime transitorio previsto per i dividendi, secondo cui per le distribuzioni deliberate tra il 1° gennaio 2018 e il 31 dicembre 2022 e aventi a oggetto utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017 continuano ad applicarsi le norme del DM 26 maggio 2017. Obiettivo della disposizione è quello di salvaguardare, nel periodo transitorio di cinque anni che va dal 2018 al 2022, la più favorevole tassazione del socio che deriva dall’adozione delle vecchie regole.

Ad avviso di Assonime, la volontà del legislatore è quella di lasciare inalterato il previgente regimeimpositivo per tutte le delibere assunte sino al 31 dicembre 2022, e quindi anche per quelle assunte precedentemente. In questo modo, dovrebbero essere salvaguardate le deliberazioni effettuate nel 2017, con materiale percezione dei dividendi nel 2018; del resto, osserva la circolare, esigenze di equità dovrebbero garantire una tutela particolare proprio a quei soggetti che hanno deliberato la distribuzione prima dell’entrata in vigore del nuovo regime (stabilita nel 1° gennaio 2018), e che per svariati motivi non hanno proceduto entro il 31 dicembre 2017 ad eseguire la deliberazione attribuendo le somme, o i beni, ai soci.