La Consulta giustifica la tutela in ragione della specialità del credito fiscale
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 90 depositata ieri, dichiara non fondate le questioni di legittimità dell’art. 173 comma 13 del TUIR, relativamente alla responsabilità solidale e illimitata, per i debiti tributari, delle società beneficiarie della scissione.
Nella scissione societaria, tra società scissa e società beneficiarie della scissione vige infatti un regime di responsabilità solidale, per imposte, sanzioni, interessi e ogni altro debito, che non prevede limiti di sorta.
Invece, in ambito civilistico sono previsti limiti: a tal fine, l’art. 2506-quater c.c. stabilisce che “ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico”.
A livello generale, la Consulta giustifica la tenuta costituzionale del sistema in ragione del carattere peculiare del credito fiscale, strumentale ad attuare il principio di capacità contributiva, di cui all’art. 53della Costituzione.
Molte altre disposizioni, proseguono i giudici costituzionali, sono state introdotte dal legislatore con il medesimo fine di assicurare la riscuotibilità del credito tributario, basti pensare all’art. 28 comma 4 del DLgs. 175 del 2014 (secondo cui, a fini fiscali e contributivi, la società cancellata dal Registro delle imprese “rimane in vita” per i successivi cinque anni dalla richiesta di cancellazione), all’art. 11 del DLgs. 74 del 2000 (che prevede una responsabilità penale per chi si sottrae al pagamento delle imposte) o all’art. 14 del DLgs. 472 del 1997 (sulla responsabilità solidale del cessionario di azienda per debiti fiscali del cedente).
Per prima cosa, viene confermato quello che è l’orientamento della giurisprudenza dominante: la solidarietà in oggetto non ha limiti, non operando quelli del richiamato art. 2506-quater c.c., e vale sia nella scissione totale sia nella scissione parziale.
Inoltre, la responsabilità illimitata è coerente con l’intero sistema normativo della scissione in ambito tributario: non a caso, il termine di accertamento ex art. 43 del DPR 600 del 1973 è ben più ampio del termine che i creditori hanno per opporsi alla scissione, di sessanta giorni ex artt. 2506-ter e 2503 c.c., “sicché il credito dell’amministrazione finanziaria nei confronti della società scissa potrebbe emergere dopo anni, seppur nel previsto termine di decadenza di esercizio del potere di accertamento fiscale”.
Poi, “la neutralità dell’operazione sotto l’aspetto passivo della responsabilità patrimoniale, a favore dell’amministrazione finanziaria, è anche coerente, in chiave sistematica, con la neutralità sul versante attivo stante la non configurabilità di plusvalenze tassabili dei beni della società scissa secondo l’espresso disposto del comma 1 del censurato art. 173”.
Non vengono meno le ordinarie regole civilistiche sulla solidarietà, dunque spetta sempre l’azione di regresso per la società che abbia dovuto corrispondere all’Erario l’intero debito per effetto della chiamata in solido (il carattere illimitato della solidarietà fiscale “non esclude che nei rapporti interni tra debitori solidali l’esposizione debitoria di ciascuna società beneficiaria sia contenuta nel limite del patrimonio assegnato in sede di scissione, pur nel rispetto della presunzione di cui all’art. 1298, secondo comma, cod. civ., secondo cui, se non risulta diversamente, l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori in parti eguali”).
Sul versante processuale, pur non essendoci, stante il vincolo solidale, il litisconsorzio necessario tra società scissa e beneficiarie della scissione, è ammesso l’intervento ai sensi dell’art. 14 del DLgs. 546 del 1992, in quanto tutte le società, in sostanza, sono parti del rapporto tributario controverso.