I 60 giorni dal PVC possono non essere rispettati, anche se l’insinuazione a passivo debba essere tardiva

A seguito di accesso presso la sede dove viene esercitata l’attività commerciale, professionale o artistica del contribuente, va redatto il processo verbale di constatazione, e, dalla sua consegna al contribuente, l’avviso di accertamento può essere emanato solo decorsi i successivi sessanta giorni (art. 12 comma 7 della L. 212/2000).

Tale termine dilatorio, la cui mancata osservanza conduce alla nullità dell’accertamento, è strumentale a consentire al contribuente di poter produrre memorie difensive che, astrattamente, possono condurre all’archiviazione, totale o parziale, della pratica.

Il termine, per espressa disposizione di legge, può non essere rispettato quando sono presenti motivi di particolare urgenza, che vanno indicati nell’accertamento, tra i quali, naturalmente, non può rientrare l’imminenza circa il decorso dei termini per l’accertamento (da ultimo, Cass. 26 marzo 2015 n. 6057).
Integra, invece, la particolare e motivata urgenza lo stato di fallimento del contribuente, come sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 8892, depositata ieri.

Per prima cosa, l’urgenza è insita nello stato di fallimento in quanto l’Erario ha necessità di procurarsi, nel minor tempo possibile, un titolo esecutivo.
A tal fine, precisano i giudici, appare irrilevante che, per le tempistiche della procedura, l’insinuazione a passivo debba essere tempestiva o tardiva.
L’interesse all’emanazione dell’accertamento (quindi all’ottenimento del titolo esecutivo) in tempi celeri sussiste anche se l’insinuazione dovesse essere tardiva, “per la ragione che, entrando nella procedura concorsuale, il creditore, in questo caso l’Erario, può esercitare le facoltà ed i poteri che la veste di intervenuto gli assegna, il che può riguardare oltre che l’operato degli organi fallimentari, eventuali opposizioni dirette a contestare le posizioni di altri creditori”.

La facoltà di presentare memorie viene in parte meno

Oltre a ciò, il contribuente fallito vede limitate le sue capacità, che, per quanto riguarda la gestione del patrimonio, passano al curatore, che esercita l’attività di gestione sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori.
Dunque, “poiché la vigilanza suppone il previo adempimento di un onere di informazione, risulta palese che la normale facoltà attribuita al contribuente con l’inciso «può comunicare entro sessanta giorniosservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori» si presenta di difficile immediata realizzazione, sì da risultare dunque incompatibile con il termine di sessanta giorni”.

Rammentiamo che, in passato, le ragioni di particolare e motivata urgenza sono state ravvisate nella presenza di violazioni penali e nel fondato pericolo per la riscossione (Cass. 24 giugno 2014 n. 14287).