La copertura delle perdite di bilancio conseguite può avvenire anche se la società non rientra nelle fattispecie disciplinate dagli artt. 2446 e 2447 c.c.
Infatti, vi possono essere diverse ragioni per le quali l’assemblea dei soci può decidere di ripianare la perdita d’esercizio attraverso l’utilizzo di riserve disponibili. L’assemblea è però chiamata a decidere quali riserve del patrimonio netto dovranno essere intaccate per prime seguendo le disposizioni del codice civile e le clausole statutarie.
Secondo l’orientamento prevalente in dottrina, la copertura delle perdite mediante l’utilizzo delle riserve segue i seguenti principi:
– le riserve della società devono essere intaccate secondo un ordine che tenga conto del grado di facilità con cui la società potrebbe deliberarne la destinazione ai soci;
– il capitale sociale ha un grado di indisponibilità maggiore di quello relativo alla riserva legale, laddove le riserve statutarie e quelle facoltative create dall’assemblea siano liberamente disponibili;
– devono essere utilizzate, nell’ordine, prima le riserve facoltative, poi quelle statutarie, indi quella legale e, da ultimo, il capitale sociale.
Dal punto di vista operativo, quindi, la copertura delle perdite dovrebbe avvenire mediante l’imputazione progressiva delle seguenti voci di patrimonio netto:
– utili di periodo (il cui utilizzo è ancora controverso);
– utili pregressi non distribuiti;
– riserve facoltative e straordinarie; riserve da fusione; riserve aventi origine fiscale;
– riserva statutaria;
– riserva da rivalutazione monetaria;
– riserva da valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto;
– riserva sovrapprezzo azioni e riserve da conversione di obbligazioni;
– versamento soci in conto capitale;
– riserva legale;
– capitale sociale.
Questa impostazione risulta coerente con il principio della tutela dei creditori che era richiamato dalla precedente versione del documento OIC n. 28. Secondo la vecchia versione di questo documento, per coprire le perdite si sarebbero dovute utilizzare per prime le riserve disponibili esistenti e, qualora il loro ammontare complessivo non superasse quello della perdita, la delibera assembleare avrebbe dovuto anche stabilire quali altre riserve si sarebbero dovute impiegare.
Tuttavia, con l’aggiornamento del documento OIC n. 28 del 2016, queste indicazioni sono state eliminatedall’attuale principio contabile.
Inoltre, il tema diventa ancora più interessante laddove si intendessero utilizzare i saldi attivi di rivalutazione per la copertura delle perdite.
Si consideri il caso delle riserve di rivalutazione monetaria che il documento OIC 28 fa rientrare tra i saldi attivi di rivalutazione previsti da leggi speciali (ex L. 266/2005; ex DL 185/2008; ex L. 147/2013; ex L. 208/2015; ex L. 232/2016).
Per questi ultimi, l’art. 13 comma 2 della L. 21 novembre 2000 n. 342 prevede che, in caso di utilizzo a copertura delle perdite, non si possono distribuire utili sino a quando la riserva stessa non sia stata:
– reintegrata;
– ridotta con apposita deliberazione dell’assemblea straordinaria.
Parte della dottrina ha osservato in merito che per le riserve di rivalutazione soggette ai vincoli sanciti dall’art. 13 del L. 342/2000 sono previste specifiche condizioni che risultano necessarie e anche sufficienti per l’impiego di tali poste.
Si sostiene, quindi, che l’esistenza di una norma specifica, introdotta dal legislatore proprio per disciplinare l’utilizzo della riserva a copertura di perdite, comporta il venir meno, per le riserve in argomento, dell’obbligo di applicare regole o principi generali, in quanto il legislatore, se lo avesse ritenuto, avrebbe introdotto espressamente questo ulteriore vincolo di “postergazione” nella norma di disciplina specifica.
Muovendo da questa interpretazione, quindi, l’utilizzo di una riserva di rivalutazione per coprire le perdite potrebbe effettuarsi civilisticamente anche in presenza di riserve di utili (ad esempio la riserva straordinaria) aventi un maggior grado di disponibilità.