La Cassazione ribadisce che, nonostante la responsabilità illimitata, è possibile prestare la garanzia
La Cassazione, con l’ordinanza n. 7139, depositata ieri, si allinea all’orientamento predominante secondo il quale il rilascio di una garanzia fideiussoria (anche) da parte del socio illimitatamente e solidalmente responsabile di una società di persone non è in grado di alterare lo schema legale della stessa, ma aggiunge un titolo diverso in base al quale il creditore è in grado di agire in fase esecutiva senza che al fideiussore – in quanto tale – sia consentito di avvalersi del beneficio della preventiva escussione (cfr., tra le altre, Cass. nn. 8944/2016 e 4528/2014).
Nel caso di specie, l’accomandante di una sas che aveva prestato fideiussione in favore della società, dopo aver estinto il debito sociale garantito, agiva a titolo di regresso nei confronti della stessa, richiedendo un decreto ingiuntivo. Nel giudizio di merito si dibatteva anche in ordine alla reale qualità di socio illimitatamente responsabile del ricorrente, nonostante il formale status di accomandante. Il Tribunale, pur riconoscendo la qualità reale di socio illimitatamente responsabile dell’attore, in considerazione della autonomia patrimoniale della società rispetto alla posizione del socio, gli concedeva il decreto ingiuntivo. La Corte d’Appello, invece, revocava il provvedimento, ritenendo “irriferibile” la qualità di fideiussore in capo ad un socio illimitatamente responsabile.
Contro tale decisione veniva presentato ricorso per Cassazione, nel quale, da un lato, si contestava l’accertamento della qualità di socio illimitatamente responsabile e, dall’altro, si evidenziava come l’azione di regresso, esercitata con il ricorso per decreto ingiuntivo, traesse titolo da un pagamento effettuato in forza di una legittima fideiussione prestata a favore della società.
La Suprema Corte ritiene che, a prescindere dalla questione relativa allo status di socio limitatamente o illimitatamente responsabile, la circostanza che comunque esso abbia prestato fideiussione a favore della società sia determinante ai fini della risoluzione della controversia.
Il socio di una società di persone, infatti, ancorché illimitatamente responsabile, può validamente prestare fideiussione in favore della società, giacché questa, seppure sprovvista di personalità giuridica, costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali, dotato di una propria autonomia e capacità rispetto ai soci stessi. In particolare, in virtù di tale autonomia, così come è configurabile una responsabilità degli amministratori nei confronti dei singoli soci, oltre che verso la società, è sicuramente postulabile un’alterità tra socio e società e, di riflesso, è possibile l’instaurazione di rapporti giuridici distinti, non solo tra la società e i terzi, ma anche tra la prima e gli stessi soci.
Ed è proprio per effetto di tale autonomia patrimoniale e della distinzione di sfere giuridiche che la garanzia in questione in favore della società rientra tra quelle prestate per le obbligazioni altrui secondo l’art. 1936 c.c., non sovrapponendosi alla garanzia fissata dalle disposizioni sulla responsabilità illimitata e solidale.
Al riguardo, la Cassazione n. 26012/2007 ha affermato che, da un lato, la responsabilità solidale e illimitata ex lege costituisce circostanza idonea a escludere l’estraneità dei debiti sociali nei confronti del socio e, dall’altro, stante la distinzione sostanziale e processuale fra società e socio, la fideiussione prestata da quest’ultimo in favore della prima è riconducibile alle garanzie per obbligazioni altrui ex art. 1936 c.c.
E, d’altra parte, non è possibile ritenere che la fideiussione rilasciata dal socio, già illimitatamente responsabile ex lege per le obbligazioni sociali, sia priva di causa perché non aggiungerebbe nulla di più alla garanzia patrimoniale già offerta al creditore per effetto della disciplina legislativa. Ben possono sussistere, infatti, interessi che giustificano l’ottenimento della fideiussione – alla stregua di garanzia ulteriore – in capo al creditore sociale. Si pensi, ad esempio, all’interesse a che il socio resti obbligato anche dopo la sua uscita dalla società, o a quello di potersi avvalere di uno strumento di garanzia autonomo, svincolato tra l’altro dal limite, sia pure destinato a operare solo in fase di esecuzione, del c.d. “beneficium excussionis” di cui all’art. 2304 c.c.
In tale situazione, infine, occorre procedere all’applicazione del regime fideiussorio anche nel rapporto interno tra il garante e la società che della garanzia si giova: compreso, quindi, quanto disposto in ordine al diritto di regresso. Sarebbe, altrimenti, illogico e giuridicamente scorretto (alla luce altresì del comma 2 dell’art. 1936 c.c., secondo il quale la fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza) “spezzare” l’applicazione delle regole fideiussorie a seconda del rapporto che si va a considerare; ovvero applicandole a quello tra socio garante e creditore, ma non con riferimento al rapporto tra socio garante e società che della garanzia si avvantaggia.
E, quindi, il socio – il quale sia stato escusso quale fideiussore e, in tale qualità, abbia provveduto al pagamento del debito sociale – è legittimato all’esercizio dell’azione di regresso ex art. 1950 c.c. contro la società.
La decisione d’appello è, allora, cassata con rinvio alla medesima Corte, ma in diversa composizione, per una nuova determinazione.