La modifica rende la fattispecie speciale rispetto alla precedente circoscrivendo l’area della punibilità alle sole condotte sopra la nuova soglia
La modifica delle soglie di punibilità realizzata dal DLgs. 158/2015 in relazione ai reati di omesso versamento di ritenute certificate (da 50.000 a 150.000 euro) e di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (da 50.000 a 250.000 euro) può essere qualificata come un’abrogazione “parziale”, dal momento che il mutato giudizio di offensività della condotta omissiva si è tradotto nel restringimento dell’area della loro penale rilevanza, con assegnazione a quella amministrativa delle condotte che si collocano al di sotto delle nuove soglie.
Così precisa la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 10810 depositata ieri, revocando tre decreti penali di condanna emessi a fronte di omessi versamenti precedentemente compresi nell’ambito applicativo degli artt. 10-bis e 10-ter del DLgs. 74/2000.
Configurando la soglia di punibilità come un elemento costitutivo di entrambe le condotte omissive, la Cassazione ritiene che ogni sua modifica renda la nuova fattispecie speciale rispetto alla precedente circoscrivendo l’area della punibilità alle sole condotte che si collochino al di sopra della nuova soglia.
Trova pertanto applicazione il principio affermato in un altro arresto della medesima terza Sezione, secondo il quale la modifica dell’art. 10-bis del DLgs. 74/2000 ad opera dell’art. 7 comma 1 lett. b) del DLgs. 158/2015 – nell’escludere la rilevanza penale dell’omesso versamento di ritenute dovute o certificate sino all’ammontare di 150.000 euro – ha determinato una abolitio criminis parziale con riferimento alle condotte aventi ad oggetto somme pari o inferiori a detto importo, commesse in epoca antecedente (Cass. n. 34362/2017). Queste argomentazioni sono pienamente applicabili all’analoga modifica effettuata all’art. 10-ter che – come si è detto – ha escluso la configurabilità del reato per gli omessi versamenti inferiori alla soglia di 250.000 euro per ciascun periodo di imposta.
Può essere utile ricordare che nel diritto penale la successione di leggi è regolata dall’art. 2 c.p. in modo molto articolato a seconda delle circostanze concrete e alla luce dei principi costituzionali coinvolti.
In estrema sintesi – ferma restando l’irretroattività assoluta di una norma più sfavorevole al reo – laddove venga meno la rilevanza penale di una condotta si potrà applicare il comma 2 della norma (abolitio criminis), che prevede non solo l’assoluzione da ogni capo d’accusa, ma anche il “travolgimento” della eventuale condanna già divenuta definitiva.
Quando, invece, la norma sopravvenuta si limiti a modificare alcuni elementi della fattispecie, lasciando tuttavia immutata l’offensività del fatto, il giudice dovrà valutare quale delle diverse disposizioni sia quella più favorevole al reo. Tale principio, però, trova un limite nell’irrevocabilità delle sentenze ed è pertanto utilizzabile solo fino a quando il procedimento penale sia ancora in corso.
La Cassazione aggiunge, nel caso di specie, un’ulteriore specificazione riprendendo la nozione giurisprudenziale della “abolitio criminis parziale”, che si verifica “allorquando la modifica normativa incida sulla fattispecie legale astratta restringendone il campo di operatività, venendo cioè ad escludere uno o più elementi costitutivi del reato previsti dalla precedente legge, mantenendone fermi gli altri”.
Come già precisato dalle Sezioni Unite, perché non vi sia una totale abolizione del reato previsto dalla disposizione formalmente sostituita (oppure abrogata con la contestuale introduzione di una nuova disposizione collegata alla prima) occorre che la fattispecie prevista dalla legge successiva fosse punibile anche in base alla legge precedente. Ciò accade normalmente quando tra le due norme esiste un rapporto di specialità, tanto nel caso in cui sia speciale la norma successiva quanto in quello in cui speciale sia la prima.
Quando è la norma successiva ad essere speciale ci si trova in presenza di un’abolizione parziale, perché l’area della punibilità riferibile alla prima viene a essere circoscritta, rimanendone espunti tutti quei fatti che pur rientrando nella norma generale venuta meno sono privi degli elementi specializzanti (Cass. SS.UU. n. 25887/2003).
In altri termini, presupposto di tale “abolizione parziale” è un rapporto di specialità tra le due norme incriminatrici, tale per cui la norma sopravvenuta esclude la rilevanza penale delle sottofattispecie in essa non più ricomprese; cioè, nel caso degli omessi versamenti di ritenute, tutte quelle omissioni comprese tra i 50.000 e i 150.000 euro, mentre, nel caso dell’omesso versamento IVA, quelle comprese tra i 50.000 e i 250.000 euro.
Poiché, dunque, i fatti previsti come penalmente rilevanti dalla legge antecedente non costituiscono un reato per la legge posteriore, trova qui applicazione la regola di cui all’art. 2 comma 2 c.p., e non invece il disposto di cui al comma 4, con la conseguente possibilità di far cessare l’esecuzione e gli effetti penali delle condanne intervenute sotto il vigore della precedente disciplina.