Alcune Commissioni tributarie stanno applicando i principi espressi in varie circolari delle Entrate

La prassi dell’Agenzia delle Entrate è ormai costante nell’affermare che, in sede di adesione, è possibile pervenire a una soluzione della controversia che elimini la doppia imposizione che può verificarsi a seguito del recupero delle componenti reddituali del reddito d’impresa (cfr. la circolare n. 31 del 2012 sui componenti negativi di reddito oppure la circolare n. 35 del 2012 relativa ai componenti positivi).

Il tema è conosciuto: se il Fisco recupera a tassazione un ricavo non dichiarato nell’anno di competenza, spetta il riconoscimento delle maggiori imposte pagate per la tassazione del medesimo nell’anno sbagliato.
Lo stesso, in modo speculare, va detto per i costi.
Espressamente, le circolari si sono soffermate solo sui recuperi a tassazione inerenti alla competenza fiscale, ma ciò, pena una manifesta violazione non solo dell’art. 163 del TUIR, ma anche dell’art. 53 della Costituzione, deve operare in tutte le fattispecie in cui la doppia imposizione emerge dall’accertamento.

Un altro caso è il recupero di quote di accantonamento indebitamente dedotte, da cui emerge la necessità di sterilizzare fiscalmente la sopravvenienza attiva tassata dal contribuente in occasione dell’eventuale azzeramento del fondo.
Lo stesso si verifica per la perdita su crediti disconosciuta in quanto nell’anno di deduzione non erano emersi gli elementi certi e precisi, elementi che, ad esempio a causa del fallimento della società debitrice, si sono indubbiamente verificati in un diverso anno, così come nel caso di perdita su crediti dedotta (e poi disconosciuta dall’Ufficio) con successivo recupero del credito, tassato come sopravvenienza.
Casistiche, queste, sulle quali in diverso modo si è occupata la giurisprudenza, citata nella Scheda Euteknededicata al tema di marzo 2018.

Al fine di rendere più efficiente l’azione amministrativa, nella circolare n. 31 del 2012 le Entrate avevano ritenuto “possibile compensare l’imposta dovuta con quella che darebbe diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, ferma restando l’applicazione delle sanzioni e degli interessi”.
Può però accadere che, per una qualsivoglia ragione, l’adesione non sia stata possibile, vuoi perché il funzionario ha rifiutato, vuoi perché il contribuente, convinto della bontà del proprio operato fiscale, ha inteso ricorrere non volendo pagare nemmeno le sanzioni al terzo del minimo.

Ogni profilo trattato nella Scheda Eutekne di marzo 2018

Poi, bisogna ricordare che se il contribuente ha comunque osservato i corretti principi contabili, spetta la causa di non punibilità dell’art. 6 comma 1 del DLgs. 472/97.
In sede di ricorso, è possibile, magari formulando apposita domanda subordinata, chiedere che la compensazione effettuabile in sede di adesione avvenga ad opera del giudice, stante il carattere di impugnazione-merito del processo tributario.

Per la C.T. Reg. Milano 30 ottobre 2017 n. 4370/3/17, “non potendosi ipotizzare che la facoltà di procedere alla compensazione riconosciuta dall’Agenzia delle Entrate ai propri uffici nell’ambito dell’accertamento con adesione sia contraria al dettato normativo, si deve ritenere che detta compensazione possa essere disposta anche in sede contenziosa, pure nella quale si instaura il contraddittorio tra le parti”.
Lo stesso è stato in sostanza affermato dalla C.T. Reg. Potenza 8 settembre 2017 n. 645/3/17.