Il Tribunale di Roma sottolinea come si tratti di una scelta insindacabile dell’organo gestorio
Il Tribunale di Roma, nel decreto del 15 dicembre scorso, esamina profili di rilievo del procedimento di denuncia al Tribunale ex art. 2409 c.c.
Si osserva, in primo luogo, come, nel caso in cui, dopo l’introduzione del procedimento, intervenga la nomina di un nuovo amministratore, quest’ultimo sia legittimato passivo nel procedimento; legittimazione che viene meno, invece, in capo all’amministratore cessato dalla carica, anche quando al medesimo siano da ascrivere le gravi irregolarità denunciate. Ciò in quanto il procedimento ex art. 2409 c.c. non è finalizzato all’accertamento delle responsabilità per mala gestio, in vista di risarcimenti, ma, piuttosto, a eliminare irregolarità attuali; per cui, i provvedimenti del Tribunale hanno quali destinatari coloro che, al momento della pronuncia, rivestono la carica di amministratori.
Gli amministratori cessati dalla carica prima del deposito del ricorso ex art. 2409 c.c., ovvero nella pendenza del termine per la notifica dello stesso, non sono portatori di un interesse giuridicamente rilevante alla partecipazione al procedimento ma, al più, vantano un mero interesse di fatto; va, quindi, esclusa anche l’ammissibilità di un loro intervento nel procedimento. D’altro canto, gli amministratori (ed i componenti dell’organo di controllo) sostituiti dall’assemblea nella pendenza del procedimento perdono la veste di “attuali legittimati passivi” e, tuttavia, il giudizio ex art. 2409 c.c. deve considerarsi correttamente incardinato ove il ricorso introduttivo sia stato notificato agli stessi, in quanto all’epoca ancora investiti di funzioni gestorie.
Peraltro, oggetto del giudizio affidato al Tribunale è, o meglio, diviene, l’operato del nuovo organo gestorio e, in particolare, valutare se questi si sia concretamente attivato, in primo luogo, per far emergere ed accertare le irregolarità (sia quelle oggetto della denunzia sia quelle comunque risultanti nell’ambito dell’attività) e, quindi, per l’eventuale loro eliminazione; in ogni caso, alla luce del dovere di diligenza di cui all’art. 2392 c.c., costituisce irregolarità imputabile all’attuale amministratore la mancata rimozione delle conseguenze dannose di quanto compiuto dal suo predecessore, proprio in virtù del fatto che il controllo giudiziario mira al riassetto amministrativo.
A rilevare ai fini della denuncia sono soltanto le violazione di quei doveri idonei a compromettere il corretto esercizio dell’attività di gestione dell’impresa e a determinare pericolo di danno per la società amministrata o per le società controllate, con esclusione di qualsiasi rilevanza, invece, dei doveri gravanti sugli amministratori per finalità organizzative, amministrative, di corretto esercizio della vita della compagine sociale e di esercizio dei diritti dei soci e dei terzi estranei.
Le gravi irregolarità, inoltre, devono – oltre che riguardare la sfera societaria e non quella personale degli amministratori – essere attuali. In particolare, non rilevano ai fini del procedimento in questione vicende societarie ormai esaurite e non ulteriormente produttive di possibili effetti nocivi, non potendosi dar luogo all’intervento dell’Autorità giudiziaria quando sia già stato ripristinato l’ordine amministrativo e gli effetti della condotta siano ormai intangibili. Inoltre, le irregolarità devono essere idonee a cagionare un danno alla società, nel senso che deve reputarsi sufficiente il mero pericolo di danno futuro, purché patrimonialmente rilevante, alla società; viceversa, eventuali profili di danno ai singoli soci, ai creditori sociali e ai terzi non rivestono alcuna rilevanza ai fini dell’art. 2409 c.c., al pari di denunce pretestuose o dettate da meri motivi di disturbo da parte della minoranza.
Da tutto ciò consegue che sono irrilevanti le censure attinenti al merito (inteso come opportunità o convenienza) delle scelte gestionali, ma con due eccezioni. In primo luogo, le scelte palesemente irragionevoli o negligenti, atteso che il controllo dell’Autorità giudiziaria è di legalità e di regolarità della gestione, intesa quale attività materiale e giuridica diretta alla realizzazione dell’oggetto sociale in modo conveniente, cioè tale che la quantità delle risorse complessivamente consumate nella produzione dei beni e dei servizi sia inferiore o corrispondente ai ricavi.
In secondo luogo, il Tribunale può sindacare anche il merito delle scelte economiche compiute dagli amministratori in conflitto di interessi rispetto alla società da loro amministrata. A condizione – in entrambi i casi – che ricorra l’ulteriore presupposto della potenzialità del danno per la società stessa.
A fronte di tutto ciò, il conferimento da parte del nuovo amministratore di un incarico di consulenza oneroso per lo svolgimento di attività che, probabilmente, avrebbero dovuto essere svolte di prima persona, non appare in sé configurabile come una grave irregolarità, non ponendosi in contrasto con norme legali o statutarie o con i principi generali di diligenza, ma rientrando nel perimetro dell’esclusiva responsabilità dell’organo gestorio, legittimato a decidere in ordine alla necessità o meno di eseguire approfondimenti su talune vicende societarie attraverso delegati o ausiliari.