Assonime affronta alcuni temi della recente normativa, in particolare la tutela del segnalante
La legge n. 179/2017, in materia di “whistleblowing”, regola separatamente la tutela dei lavoratori appartenenti al settore pubblico e quella dei lavoratori appartenenti al settore privato.
In particolare, nel settore pubblico, rileva la modifica dell’art. 54-bis del Testo unico sul pubblico impiego (DLgs. 165/2001), mentre nel settore privato la disciplina viene regolata attraverso la modifica all’art. 6 del DLgs. 231/2001 in materia di responsabilità degli enti derivante da reato.
La nuova legge si inserisce, infatti, in un sistema orientato a prevenire gli illeciti organizzativi mediante strumenti che incoraggino le segnalazioni attraverso le garanzie della riservatezza e della repressione delle ritorsioni. In tal modo, essa si intreccia con il tema della gestione delle informazioni all’interno dell’ente e trova collocazione nell’ambito degli strumenti di controllo interno (strumento di prevenzione).
Nell’intervento n. 4/2018 sulla materia (“L’applicazione della disciplina del Whistleblowing nelle società a partecipazione pubblica”), Assonime precisa la distinzione tra questi due ambiti e gli adempimenti che ne conseguono, con particolare attenzione al sistema integrato previsto in materia di prevenzione della corruzione nelle società e negli enti controllati da Pubbliche amministrazioni (L. 190/2012).
Interessante e fonte di notevoli criticità applicative e interpretative è proprio il “sistema binario del diritto pubblico/privato”.
Va, infatti, ricordato che per società ed enti controllati, l’ANAC individua ora un sistema integrato di prevenzione fondato su “un documento unitario che tiene luogo del Piano di prevenzione della corruzione”: le misure anticorruzione vanno, cioè, ad inserirsi nel modello organizzativo adottato ai sensi del DLgs. 231/2001 – dove esistente –, confluendo in un’apposita sezione dello stesso. L’adozione di un modello organizzativo viene, così, “fortemente raccomandata” e le società che decidano di non adottare il “modello 231” e di limitarsi all’adozione del documento contenente le misure anticorruzione dovranno motivare tale decisione (cfr. Linee Guida ANAC adottate con determinazione n. 1134/2017).
Con riferimento ai modelli organizzativi, inoltre, la nuova legge sul “whistleblowing” richiede un’integrazione degli stessi con la previsione di misure volte a garantire la tutela di chi segnala condotte illecite a tutela dell’integrità dell’ente.
In particolare, i modelli dovranno prevedere uno o più canali di segnalazione che garantiscano la riservatezza del segnalante e almeno un canale alternativo con modalità informatiche; il divieto di atti discriminatori; delle sanzioni per chi viola le misure di tutela del segnalante e per chi effettua con dolo e colpa grave segnalazioni infondate.
Secondo Assonime, l’attuazione di queste misure comporta, pertanto, l’aggiunta o la modifica di una specifica sezione nella parte generale del modello dedicata alla nuova normativa, la modifica della parte speciale e la previsione di una specifica procedura che disciplini le modalità di segnalazione, il processo di analisi e gestione della segnalazione, nonché le modalità per garantire la riservatezza del segnalante e del segnalato anche nel rispetto della normativa sulla privacy. A ciò si correla, ovviamente, la formazione dei soggetti interessati.
Tornando, dunque, al sistema “ibrido” delle società a partecipazione pubblica vengono evidenziate delle differenze tra settore pubblico e settore privato riguardanti l’autore della segnalazione, l’oggetto e i requisiti della stessa, i destinatari e le procedure e i canali informativi che possono essere utilizzati. La stessa Assonime rileva, inoltre, che non è chiaro se l’Organismo di Vigilanza, nominato ai sensi del DLgs. 231/2001, rientri o meno tra i destinatari diretti delle segnalazioni e quali siano i suoi obblighi e le sue responsabilità.
Ulteriore differenza rilevante riguarda le sanzioni. Il citato art. 54-bis del DLgs. 165/2001 prevede delle sanzioni pecuniarie, applicabili direttamente dall’ANAC, che si articolano da 5.000 euro a 30.000 euro per l’adozione misure ritorsive; da 10.000 euro a 50.000 euro per la mancanza procedure o presenza di procedure non conformi; da 10.000 euro a 50.000 euro per la mancata verifica delle segnalazioni.
Per ciò che attiene il settore privato, invece, devono essere introdotti dei provvedimenti specifici all’interno del sistema disciplinare che dovrà essere integrato nella duplice direzione di sanzionare le violazioni relative alla nuova disciplina di tutela dei whistleblowers, e, nello stesso tempo, in quella di garantire la veridicità delle segnalazioni stesse, prevedendo sanzioni specifiche nei confronti di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.