La Cassazione si è pronunciata con riferimento alla retroattività della presunzione e ciò vale anche per i termini di accertamento
La Corte di Cassazione, rigettando il costante orientamento dell’Agenzia delle Entrate, ha di recente affermato che l’art. 12 del DL 78/2009, secondo cui gli investimenti e le attività detenuti in Paradisi fiscali senza indicazione nel quadro RW si presumono, salvo prova contraria, costituiti mediante redditi sottratti a tassazione, non ha effetto retroattivo (Cass. 2 febbraio 2018 n. 2662).
I giudici, opportunamente, sanciscono che la tesi della retroattività “porrebbe il contribuente, che sulla base del quadro normativo previgente non avrebbe, ad esempio, avuto interesse alla conservazione di un certo tipo di documentazione, in condizione di sfavore, pregiudicandone l’effettivo espletamento del diritto di difesa, in contrasto con i principi di cui agli artt. 3 e 24 Cost.“.
Rammentiamo infatti che, secondo il richiamato art. 12, se il contribuente non ha indicato i possedimenti detenuti in paradisi fiscali nel quadro RW, ci sono effetti sostanziali e procedimentali.
In merito ai primi, c’è la presunzione di imponibilità dei menzionati investimenti e le sanzioni ex art. 5 del DL 167/90, unitamente a quelle da dichiarazione infedele e da dichiarazione omessa, sono raddoppiate.
Poi, i termini, sia di accertamento sia di contestazione delle sanzioni, sono raddoppiati.
Se, a seguito della sentenza della Cassazione, non possono più sorgere dubbi sulla irretroattività della presunzione di imponibilità dei capitali esteri (e, di conseguenza, sull’impossibilità di applicare il raddoppio dei termini di accertamento ad annualità antecedenti alla sua entrata in vigore), altrettanto non può dirsi per il raddoppio dei termini per le sanzioni da RW.
Le motivazioni che hanno indotto la Cassazione a sostenere, senza mezzi termini, la tesi dell’irretroattività non possono estendersi in automatico alle sanzioni.
Infatti, l’obbligo di monitoraggio fiscale era vigente anche prima del DL 78/2009, quindi, fermo restando, naturalmente, il favor rei (senza dunque applicare il raddoppio sanzionatorio al passato), si potrebbe sostenere che anche le annualità antecedenti all’entrata in vigore del DL 78/2009 subiscano il raddoppio, in ragione della natura procedimentale della norma.
Una simile tesi va rigettata.
In primo luogo perché una norma che, in una qualsiasi maniera, incide su aspetti sanzionatori mai può essere definita solo procedurale.
Oltre a ciò, il legislatore non ha sentito la necessità di inserire una norma di tenore analogo rispetto all’art. 37 comma 26 del DL 223/2006 sul raddoppio dei termini per violazioni penali, secondo cui “la proroga si applica alle annualità ancora aperte alla data di entrata in vigore della legge” (in questi termini per la presunzione, C.T. Prov. Varese 9 gennaio 2017 n. 1/3/17).